"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

6.4.06

Il fantasma del regime

Giornata particolarmente felice quella del "Corriere della Sera" di oggi.
Propongo la lettura di questo editoriale di Paolo Franchi, editorialista di punta del quotidiano di via Solferino.
F. A.


Nella terzultima (se Dio vuole) giornata di campagna elettorale Silvio Berlusconi ci ha regalato una notizia buona e una cattiva. La notizia buona è che coglioni non sono, come ci era parso di capire, gli elettori del centrosinistra in generale, ma solo quelli che, pur disponendo di «beni al sole», votano ugualmente per l'Unione, andando così contro il proprio interesse. La notizia cattiva, che, come spesso accade, relega quella buona in secondo piano, è che proprio nella giornata di ieri si sono svolte le prove generali del «regime» in cui saremo costretti a vivere qualora il centrosinistra vincesse le elezioni.
Così la pensano anche il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che l'annuncio in questione lo ha anzi dato qualche ora prima di Berlusconi, protestando per l'aggressione e la discriminazione subite da Mediaset, e una quantità di esponenti della Casa delle Libertà. Tutto sta, naturalmente, a stabilire se la notizia cattiva risponda al vero o se, per caso, sia stata in gran parte costruita; e l'impressione è che la seconda ipotesi sia quella che più si avvicina al vero. Si può discutere quanto si vuole, infatti, sul rifiuto di Romano Prodi di partecipare a un terzo, imprevisto confronto con Berlusconi in una trasmissione di Canale 5; ma è molto difficile immaginare che il Cavaliere (lo stesso che nel 2001 rifiutò qualsiasi duello televisivo con Francesco Rutelli) e i suoi collaboratori non lo avessero messo in conto. E' pure poco probabile che, di fronte a questo no così prevedibile, Berlusconi abbia pensato che un gruppo di giornalisti di sinistra (sindacato o non sindacato) avrebbero consentito alla richiesta di intervistarlo nella medesima trasmissione, in qualche modo sostituendosi al leader dell'Unione.
Ed è ancora meno credibile che abbia coltivato davvero l'idea di sfidare tutto e tutti (le regole, gli avversari, la gran parte dell'opinione pubblica) esibendosi a ogni costo in un assolo. Molto più realistico, piuttosto, è pensare che sin dall'inizio Berlusconi avesse chiaro che quella trasmissione (una «trasmissione fantasma», ha commentato giustamente Enrico Mentana) alla fine non si sarebbe fatta, e proprio questo volesse. Per protestare contro i vincoli imposti (secondo lui, si capisce, a vantaggio dell'Unione) dalla par condicio, per denunciare la sinistra che oggi attenta alla sua libertà di comunicare e alla libertà dei cittadini di essere informati, e domani punirà Mediaset, per lanciare il grido di dolore più alto possibile sul «regime» che minaccerebbe tutti, non solo le sue reti, in caso di sconfitta della Casa delle Libertà. Può darsi che l'affondo, in termini di voti, gli giovi, anche se chi grida troppo alla censura non dà l'impressione di avere il vento in poppa. E' certo, però, che con questa storia della trasmissione fantasma Berlusconi ha rumorosamente riportato al centro della contesa il tema nevralgico del conflitto di interessi, che sinora aveva pesato, sì, nella campagna elettorale, ma certo non la aveva dominata. Anche a mettersi nei suoi panni, non sembra un'idea straordinaria.

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