"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

30.1.07

Del matrimonio

Premessa. Sono felicemente sposato. Per me il matrimonio altro non è stato che una festa con parenti e amici, uno dei tanti momenti vissuti insieme alla donna con cui penso di passare insieme quantomeno il futuro prossimo. Detto questo,


…qualche riflessione nel secondo millennio sull’istituto del matrimonio va fatta.
Parole in libertà.
Partiamo dal fatto che il matrimonio è un contratto. Lo dice anche la legge. La prima riflessione che mi viene in mente è che ogni contratto per essere valido bisogna che sia sottoscritto da contraenti nel pieno possesso delle loro facoltà. Al contrario invece il matrimonio si basa sul principio opposto. Si sposa chi è innamorato (a meno di non essere costretto, ma questa è un’altra storia). E l’amore non è certo razionalità. Anzi, il suo contrario. Obnubila la ragione. Dunque, chi si sposa, non è nel pieno delle sue facoltà mentali. Questo è indubitabile. Nessuno può smentirmi. E d’altronde, chi, sano di mente, rinuncerebbe alla libertà di frequentare chi vuole senza render conto a nessuno? Non è forse la guerra che ci contrappone ai nostri genitori negli anni dell’adolescenza? Chi mai rinuncerebbe alla libertà di rientrare a casa quando gli pare e piace, dopo una serata di divertimento? Solo chi non tiene a questa libertà. O alla libertà di decidere da solo delle propria vita. Ognuno di voi potrebbe allungare la lista di queste rinunce che si fanno quando si decide di sposarsi.
Una volta un amico, sintetizzando, mi ha detto che il matrimonio è il modo per risolvere insieme problemi che altrimenti…non avresti!!! Ha perfettamente ragione.
Ritengo si possa dire che il matrimonio è contro natura. La natura umana è infatti la libertà, l’indipendenza, l’affermazione di sé stesso, non certo la propria mortificazione a vantaggio di un altro. Se un genitore ci costringe a stare in casa, magari con la forza, minacciamo la denuncia per sequestro di persona. Il coniuge ottiene lo stesso risultato di costringerci a casa senza che debba ricorrere all’uso della forza e senza che noi si pensi a denunciarlo. Non siamo forse stati privati della stessa libertà? Solo da persone diverse, verso le quali siamo disposti in maniera diversa.
Questo è un post contro l’amore? No. Questo è un post che vuole riflettere sul matrimonio in quanto istituzione. Accettiamo che chi contrae matrimonio lo fa perché spinto da una pulsione irrazionale come l’amore. Vorrei vedere come si comporterebbe la Corte Costituzionale davanti al ricorso di un bravo avvocato basato sulla testi che ad una coppia indefinita deve essere riconosciuto il divorzio perché il contratto matrimoniale è stato stipulato quando uno o entrambi i coniugi, in quanto innamorati, non erano nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali.
Tornerò prossimamente con maggiore serietà sul tema del matrimonio.

27.1.07

A proposito di Vicenza

L’Italia alle prese con l’allargamento della base statunitense di Vicenza.
Sono contrario.
Sono contrario a che gli Stati Uniti abbiano proprie basi sul territorio italiano. Esse sono il retaggio della seconda guerra mondiale e il sistema degli USA per il mantenimento del proprio Impero.
Le basi USA in Italia, ricordiamolo, non fanno gli interessi del popolo italiano o di quelli europei, bensì agiscono nell’interesse del popolo americano. E se questo non dovesse coincidere con il nostro interesse? Tutte le grandi nazioni hanno una politica estera caratterizzata da interessi propri da difendere, spesso in concorrenza con quelli di altri paesi. L’Italia su questo è sempre stata timida, ma è ora che anche noi riconosciamo la necessità di caratterizzare la nostra politica internazionale anche a tutela di convenienze del nostro paese o quantomeno dell’Europa che stiamo faticosamente contribuendo a costruire.
Detto questo c’è un altro motivo di fondo per essere contrari al mantenimento di basi USA sul nostro territorio nazionale. Gli USA ci consentirebbero di costruire basi italiane nel loro territorio? La risposta evidentemente è no a riprova della mancanza di reciprocità fra noi e gli Stati Uniti.
Io propongo che le basi USA, se strategiche nella difesa dell’Occidente, siano trasformate in basi NATO. E propongo anche una revisione dei trattati NATO così che ogni alleato abbia gli stessi diritti degli altri. Dopo di chè l’Europa si doti di un esercito che possa fare a meno del sostegno USA per la soluzione delle controversie internazionali, così da smontare l’imperialismo americano, tale anche perché occupa spazi che l’Europa non intende coprire. Dopo la caduta dell’URSS gli USA sono rimasti l’unica superpotenza. Ci si attendeva una crescita concorrenziale della UE, che non è arrivata e che non sembra voler arrivare. Continuando così, la rinata Russia di Putin, tornerà concorrenziale usando l’arma naturale delle risorse energetiche di cui dispone e di cui l’Occidente ha maledettamente bisogno. La UE, unitariamente, deve liberarsi da questa dipendenza sviluppando fonti energetiche alternative a partire dal sole (ne va della sua indipendenza) e deve avere una propria politica internazionale sostenuta da un adeguato apparato militare. Solo così lo strapotere USA non avrà più senso. Nel frattempo preoccupiamoci di smobilitare le basi USA o di passarle sotto comando NATO con rinnovato spirito alleato.

Imperialismo americano

oSono un grande appassionato di storia e divoratore di documentari storici.
Ho potuto notare come i più recenti made in USA abbiano spesso come argomento l’Impero Romano, protagonista anche di film e fiction televisive statunitensi.
La spiegazione c’è. Gli Usa oggi si sentono un Impero. Lo scrivono alcuni scrittori americani, analizzando le caratteristiche di questo impero universale che non ha eguali nella storia e che lontanamente somiglia a quello romano.
C’è una scena nel tvmovie The West Wing in cui il Presidente degli Stati Uniti, informato che un cittadino americano è stato rapito in qualche paese sperduto dell’Oriente, sbotta gridando che ai tempi dell’Impero Romano, ai cittadini di Roma bastava dire civis romanus sum perché non gli fosse torto un capello, più paura della reazione che per rispetto, aggiungo io. L’aneddoto è vero, e che venga messo in bocca ad un attore che impersona un presidente per giunta Democratico la dice lunga su come gli americani si sentano oggi il nuovo impero.
La citazione di quello romano deriva probabilmente dal fatto che l’Impero di Roma fu ovunque civilizzatore e lasciò ampio spazio d’autonomia alle province che governava, rispettandone i costumi e le tradizioni. L’Impero USA è formato da una serie di stati che, come dimostrato dall’amministrazione Bush, possono non condividere la politica USA, magari la criticano pure ma non minacciano certo di imbracciare le armi per impedirla.
L’attacco all’Iraq ne è la prova. Giustificato da due enormi bufale (inesistenti rapporti con Bin Laden e presenza di armi di distruzione di massa) che si sapeva esser tali per le relazioni degli ispettori dell’ONU, ha trovato fieramente contrari Francia e Germania. Con Chirac, che in Iraq aveva anche da difendere interessi nazionali, lo scontro più duro. Ma al massimo sono volate parole forti da ambo le parti.
Gli USA possono fare nel mondo e del mondo quel che vogliono e nessuno glielo impedisce. D’altronde sarebbe impossibile visto che dislocano proprie basi sul territorio europeo con tanto di armi nucleari: e non succede il contrario. Gli USA conoscono ogni avvallamento dell’Europa. Noi degli USA nulla. Hanno i loro agenti segreti nei nostri paesi. Di nostri da loro non se ne sentono. I loro sistemi informatici sono tali che certamente leggeranno questo pezzo mentre i lettori che vorrei avere no. Il loro imperialismo ci lascia la possibilità di crederci indipendenti e autonomi. Ed invece lo siamo meno di quanto crediamo.
Via le basi USA dall’Europa. Riconvertiamole in basi NATO e rivediamo i trattati così che ogni alleato abbia pari dignità.
L’Europa recuperi la sua indipendenza ed il suo ruolo centrale. Con gli USA partenership e alleanza, no sudditanza.

Hic manebimus optime

Massimo D’Alema è arrivato a minacciare le dimissioni pur di spingere i tre ministri di Rifondazione, PdCI e Verdi a votare il decreto di rifinanziamento della missione in Afganistan.
Nel calderone dell’informazione, spesso si finisce col trattare alla stessa maniera casi diversi.
L’Afganistan non è l’Iraq.
La missione contro il regime dei talebani nacque come reazione all’11 settembre.
Le prove tuttora concordano sul fatto che, responsabile dell’attentato alle Torri Gemelle, era Al Qaeda, per stessa ammissione, per altro, di questa organizzazione. Un vero e proprio atto di guerra. La base di Osama Bin Laden era in Afganistan protetta dal regime dei talebani. Per reazione, ma anche per prevenzione verso attacchi futuri, gli Stati Uniti hanno deciso unilateralmente di invadere questo paese. Il trattato NATO prevede il sostegno degli alleati quando uno dei paesi membri è vittima di un atto bellicoso. Ciò bastava, dunque, a legittimare l’intervento italiano. In più è invece arrivato un mandato ONU.
Per l’IRAQ invece, gli Stati Uniti hanno compiuto, con il Regno Unito, un attacco proditorio basato su due menzogne: la presenza di armi di distruzioni di massa in possesso del regime iracheno e la collaborazione fra quest’ultimo e Al Qaeda, mentre invece gli obbiettivi delle due entità erano se non altro concorrenziali.
Dall’Iraq, dove siamo intervenuti come forza di occupazione e non nel frangente della guerra, ci siamo ritirati e la pratica, diciamo, è chiusa.
L’Afganistan è invece un capitolo aperto. E tale deve ancora rimanere. Anzi. Il regime talebano è stato rovesciato ma i talebani sono ancora attivi su larga parte del territorio afgano. Bisogna combatterli con maggiore decisione, come chiedono gli USA, ed arrivare alla loro sconfitta definitiva, realizzando per la prima volta l’obbiettivo di un governo di Kabul che controlli il 100% del suo territorio e non soltanto una parte. Questo deve essere il sostegno al governo Karzai, anche con mezzi militari, essendo ancora necessari. Ben venga un maggiore impegno politico e diplomatico se questo può agevolare il processo di costruzione di questa novità statale.
Ancora una volta la politica estera italiana tiene alto il profilo del nostro paese. Peccato per lo scivolone di Vicenza.

22.1.07

Oltre il Sol dell'Avvenire

Massimo D’Alema, intervenendo all’assemblea dei segretari di sezione dei DS, ha detto che bisogna andare oltre il socialismo, ricordando che l’approdo a questa corrente politico-culturale, per l’attuale gruppo dirigente dei DS è complessivamente recente. E c’ha ragione, visto che i soggetti in questione provengono dal PCI, e che, aderendo all’internazionale socialista dopo la fine del PSI, hanno comunque sempre avuto difficoltà a dirsi socialisti italiani, al massimo socialisti europei, come si espresse lo stesso D’Alema, anni addietro.
Le parole di D’Alema sono state confermate oggi, nel corso di un’intervista ad un quotidiano, dal deputato Latorre, fedelissimo del ministro degli Esteri.
Perché sono importanti queste parole? Perché potrebbero semplificare la strada verso il Partito Democratico. Ancora Fassino sostiene che la nuova formazione politica debba far parte del Partito Socialista Europeo. Collocazione internazionale inaccettabile per la Margherita e per molti che al PD guardano con attenzione e speranza ma che non sono né vogliono dirsi socialisti, nemmeno in Europa. D’altronde, l’idea di Rutelli è quella di dar vita ad una sorta di Internazionale Democratica da fondare insieme ai Democratici americani. Sarebbe la prima formazione politica globale nella storia. I Democratici americani infatti, intrattengono rapporti con l’Internazionale Socialista ma non intendono farne parte. Dirsi socialista negli USA è fuori dal mondo.
La posizione di D’Alema accorcia le distanze e suona come un rimprovero nei confronti di quei diessini come Mussi che non vogliono smettere di dirsi socialisti senza aver mai cominciato a farlo.
Ha rincarato la dose Latorre aggiungendo che se qualcuno nel PD non vuole starci, libero di farlo ma il nuovo partito dovrà comunque vedere la luce.
Latorre ha poi ricordato che la linea politica che verrà fissata dalla Margherita al prossimo congresso prevede per il PD rapporti col socialismo europeo. Sia ben inteso: rapporti con e non ingresso. Se son rose fioriranno. Il debutto della nuova forza politica dovrebbe avvenire alle prossime elezioni europee della primavera 2009. C’è il tempo perché DS e Margherita facciano ulteriori passi avanti l’uno verso l’altra tenendo presente che dal punto in cui si incontreranno dipenderà l’ulteriore adesione a questo soggetto di cittadini singoli ed organizzati ai quali per il momento non rimane che attendere speranzosi.