"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

27.1.07

Hic manebimus optime

Massimo D’Alema è arrivato a minacciare le dimissioni pur di spingere i tre ministri di Rifondazione, PdCI e Verdi a votare il decreto di rifinanziamento della missione in Afganistan.
Nel calderone dell’informazione, spesso si finisce col trattare alla stessa maniera casi diversi.
L’Afganistan non è l’Iraq.
La missione contro il regime dei talebani nacque come reazione all’11 settembre.
Le prove tuttora concordano sul fatto che, responsabile dell’attentato alle Torri Gemelle, era Al Qaeda, per stessa ammissione, per altro, di questa organizzazione. Un vero e proprio atto di guerra. La base di Osama Bin Laden era in Afganistan protetta dal regime dei talebani. Per reazione, ma anche per prevenzione verso attacchi futuri, gli Stati Uniti hanno deciso unilateralmente di invadere questo paese. Il trattato NATO prevede il sostegno degli alleati quando uno dei paesi membri è vittima di un atto bellicoso. Ciò bastava, dunque, a legittimare l’intervento italiano. In più è invece arrivato un mandato ONU.
Per l’IRAQ invece, gli Stati Uniti hanno compiuto, con il Regno Unito, un attacco proditorio basato su due menzogne: la presenza di armi di distruzioni di massa in possesso del regime iracheno e la collaborazione fra quest’ultimo e Al Qaeda, mentre invece gli obbiettivi delle due entità erano se non altro concorrenziali.
Dall’Iraq, dove siamo intervenuti come forza di occupazione e non nel frangente della guerra, ci siamo ritirati e la pratica, diciamo, è chiusa.
L’Afganistan è invece un capitolo aperto. E tale deve ancora rimanere. Anzi. Il regime talebano è stato rovesciato ma i talebani sono ancora attivi su larga parte del territorio afgano. Bisogna combatterli con maggiore decisione, come chiedono gli USA, ed arrivare alla loro sconfitta definitiva, realizzando per la prima volta l’obbiettivo di un governo di Kabul che controlli il 100% del suo territorio e non soltanto una parte. Questo deve essere il sostegno al governo Karzai, anche con mezzi militari, essendo ancora necessari. Ben venga un maggiore impegno politico e diplomatico se questo può agevolare il processo di costruzione di questa novità statale.
Ancora una volta la politica estera italiana tiene alto il profilo del nostro paese. Peccato per lo scivolone di Vicenza.

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