"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

8.11.09

La stufa di Putin

Quando uno è certo del proprio ruolo e del proprio potere non si cura dell'atteggiamento che tiene o di quel che dice. E' il caso del nostro premier Silvio Berlusconi, e del suo sodale Vladimir Putin.

Anche il russo è stato intervistato in occasione del ventennale della caduta del Muro di Berlino.

In questi giorni abbiamo sentito e visto interviste a chi c'era, quel giorno, nelle due Germanie, a Berlino, nei posti chiave che contavano nel mondo: quindi semplici cittadini ma anche e soprattutto Kohl, all'epoca alla guida della Germania Federale; Gorbaciov, a capo dell'ancora URSS; Bush padre, presidente degli Stati Uniti dell'epoca; Angela Merkel, attuale cancelliera e giovane dissidente (?) dell'epoca.

E in quei giorni di novembre, in Germania, c'era anche lui, Putin: attuale capo del governo russo, due volte capo del suo stato. C'era perché era di stanza a Dresda, città della DDR, in forza al locale ufficio del Kgb che stava poco distante da quello della polizia segreta tedesca, la STASI.

Che Putin sia stato un agente del Kgb è risaputo; si sapeva, ma non troppo, della sua presenza in Germania in quei giorni cruciali.

E siccome è certo del fatto suo, intervistato da una tv russa, ha raccontato i suoi ultimi giorni da spia sovietica nella Germania Est. E cosa ha ammesso candidamente, come fosse la più naturale delle cose?

Che lui ha passato le sue giornate finali a bruciare tutto il materiale documentale conservato in quell'edificio: talmente tanta roba che la stufa ad un certo punto esplose; il materiale più interessante e delicato è stato trasferito invece a Mosca.

E quando gli abitanti di Dresda, presi da furore rivoluzionario, dopo aver assaltato la sede della Stasi, si sono rivolti contro quella del Kgb, lui li ha affrontati arma in pugno, con accanto un commilitone armato di mitra "spiegando" loro che quello era territorio sovietico e dunque dovevano allontanarsi: ed è stato convincente!

Secondo alcune ricostruzioni Putin avrebbe anche cercato di mettere in piedi un gruppo di agenti che avrebbero dovuto fungere da quinta colonna dell'URSS nella Germania riunificata. Ma poi uno di loro fu preso, spiattellò tutto e l'ultima operazione da spia gli saltò in mano.

Begli amici frequenta Berlusconi. L'uomo di Arcore ci offrirebbe un summit a tre con i suoi capi di governo preferiti: lui, Putin e Gheddafi, se non fosse per la sedentarietà di quest'ultimo!

26.10.09

Dunque alla fine Bersani.

Ottima prova del PD queste primarie. Oltre due milioni e mezzo di elettori confermano la volontà della base di contare nelle decisioni importanti del proprio partito di riferimento. Elettori che somigliano molto ai militanti visto che il risultato sostanzialmente ricalca la volontà degli iscritti. Ha fatto meglio Marino, hanno fatto un po' peggio i due big.

Bersani nei primi commenti dopo l'esito del voto era felice come un cappone il giorno di Natale. Gli altri due sorridevano di più ed esprimevano maggiore contentezza del vincitore. Adesso quindi l'Italia ha trovato il suo Gordon Brown: serio, tecnicamente preparato, noioso e soporifero. Ve l'immaginate un dibattito con lo spumeggiante Berlusconi?

Ma in realtà l'elezione di Bersani ci dice che il nuovo leader del PD è il vecchio leader D'Alema. Il quale nel tempo ha chiarito quale deve essere la linea politica del partito. Nuovo sistema delle alleanze da costruire mettendo insieme, nessuno sa ancora come, UDC, IdV e SL. Insieme rappresentano la maggioranza degli italiani, che non sono berlusconiani; la questione è come fare a tenere insieme Di Pietro, Cuffaro e Vendola. E infatti l'IdV distingue sempre fra Tabacci e l'ex presidente della Sicilia; e l'UDC precisa di non volersi alleare né con Di Pietro né con il partito del presidente pugliese.

In attesa di vedere come il tempo e le doti di D'Alema risolveranno (?) la questione, forse avremo modo di vergognarci ulteriormente di come il Partito Democratico farà opposizione al governo Berlusconi. Al'amo lanciato sulla riforma della giustizia, il duo Bersani – D'Alema abboccherà? Le sirene del centrodestra che cantano le conclusioni della vecchia bicamerale D'Alema incanteranno i nuovi vertici democratici? In sostanza, sarà opposizione dura o collaborazione morbida?

Mancano tre anni e mezzo al voto e lo scenario può modificarsi radicalmente.

Fini, per esempio, è tornato silente, dopo che Berlusconi ha ripreso a consultarlo sulle questioni della politica nazionale, il che, contemporaneamente, ha portato all'indebolimento di Tremonti, e non credo sia una coincidenza.

E poi c'è sempre l'incognita rappresentata dai dossieraggi. Tocca a qualcun altro dopo Marrazzo? Tra i vertici dell'opposizione la moneta di scambio invece d'essere politica può essere d'altra natura?

Con Bersani leader prevedo un ulteriore crescita dell'IdV. Il neosegretario non si mostrerà granchè "opponente": gli elettori democratici sanno d'avere un'alternativa e la imboccheranno.

17.10.09

Ora di civiltà

Il ministro Urso propone l'ora di religione islamica a scuola. Vuole così togliere alle scuole islamiche l'educazione dei giovani musulmani.

Così la scuola italiana oltre ad avere l'ora di religione cattolica avrebbe un' alternativa islamica.

Mi verrebbe da dire: a me me pare 'na str……

Cosa serve alla comunità italiana? Avere buoni cattolici, buoni musulmani o buoni italiani?

Proposta: ABOLIAMO le ore di religione e rendiamo effettiva almeno quella oretta di Educazione Civica che si contende il tempo con la Storia.

16.10.09

Ignazio

Quest'anno i media italiani hanno sostanzialmente ignorato il Columbus Day, la giornata in cui gli Stati Uniti ricordano la scoperta dell'America e diventata festa nazionale degli italiani in USA che, annualmente, organizzano la tradizionale parata a New York, raggiunti dai rappresentanti del governo italiano e di tante giunte regionali, comunali e provinciali, nonché dai rappresentanti delle istituzioni americane (in passato si ricordano il sindaco di New York Bloomberg accanto all'allora senatrice dello Stato Hillary Clinton).

Ma anche in questo 2009 il governo italiano ha mandato un suo autorevole rappresentante nella grande mela. Niente di meno che il ministro della Difesa Ignazio La Russa che ha degnamente rappresentato il governo di cui fa parte, un po' meno il nostro Paese.

Come documentato da un filmato che si trova facilmente su YouTube, alle contestazioni di alcuni nostri connazionali che vivono a New York prima ha tentato di sfuggire facendo correre la Maserati dentro la quale sfilava, che però sempre in processione era e quindi il ministro è stato nuovamente raggiunto e contestato; poi, democraticamente, ha fatto la figura di quello che è: ha mandato uno che lo scortava (speriamo non fosse un agente della nostra polizia) ad intimidire i contestatori: siccome però stavano a New York, democratica sul serio, un agente locale in uniforme ha bloccato il sodale di La Russa non appena ha capito, pur non parlando italiano, quel che stava facendo. Il ministro, sentitosi indifeso, prima si è girato dall'altra parte, poi, non resistendo, ha uscito la lingua coram populo verso chi lo contestava, quindi ha iniziato a gridargli: "ti conosco, sei pedofilo, vai con le bambine", mentre pare che non lo conoscesse proprio!

Bella, bella figura abbiamo fatto; e grande onore abbiamo portato agli Stati Uniti. Ma d'altronde, rassegnamoci: questa con le altre.

PD doppio

Il Fatto Quotidiano di oggi ci racconta una verità (non l'unica in effetti e nemmeno la più importante) nascosta da tutta la stampa.

Non è vero che il PD ha una chiara collocazione in Europa. Vero è che i suoi parlamentari sono entrati tutti nel gruppo parlamentare dei "socialisti e democratici" ma aderiscono a partiti europei diversi.

Se fosse necessario chiariamo che ognuno può iscriversi ad un partito e poi al gruppo parlamentare corrispondente, oppure no.

Gli eletti del PD in Europa sono iscritti, alcuni nel Partito Socialista Europeo ed altri nel Partito Democratico Europeo: il primo è lo storico PSE, il secondo il PDE fondato nella passata legislatura europea dall'italiano Francesco Rutelli e dal francese Francois Bayrou. C'è da dire che anche gli eurodeputati di quest'ultimo stanno nel gruppone unico parlamentare: ma questi hanno scelto un solo partito ed un solo gruppo, non un gruppo e due partiti.

La scissione minacciata in Italia, in Europa è già avvenuta.

Lodo Scalfari

Il Grande Vecchio di Repubblica, intervistato da Serena Dandini nel suo "Parla con me", oltre a litigare via etere con Ferruccio de Bortoli che dirige il "Corriere della Sera", ha lanciato la proposta che i due che raccolgono meno voti alle primarie nazionali del PD accettino la vittoria del più votato, anche se questo non ha raggiunto il 50%+1 dei voti.

Nel PD Scalfari gode di tale autorevolezza che tutti e tre si sono subito affrettati a prendere in seria considerazione l'ipotesi.

Franceschini ha detto subito di sì: lui d'altronde punta sul popolo delle primarie per togliere il PD dalle teoria dell'ennesima evoluzione del PCI che fu; anche Bersani ha detto subito di sì: se lui si ferma sotto il 50%, teme che i delegati di Marino riversino i suoi voti su Franceschini tagliandolo fuori dalla segreteria cui agogna da almeno due anni; chi invece si è detto contrario è stato proprio Marino, meno outsider e lontano dai giochi politici di quel che vuole apparire: il chirurgo ha infatti puntato tutto sul ruolo da "king maker" che intende giocare: cioè: spera che nessuno dei due contendenti raggiunga il 50%+1 dei voti degli elettori PD per diventare centrale, all'Assemblea Nazionale, e fare la differenza, di fatto scegliendo chi far vincere. Se invece Franceschini e Bersani si cedono il passo vicendevolmente non ha più alcun ruolo.

Se i principali candidati democratici saranno di parola compiranno un gesto di grande maturità e di assoluta novità nella politica italiana. Non saranno più eletti sulla base di un accordo di poteri ma comunque di un consenso di massa.

Ma saranno di parola? E si presenterà l'occasione per dimostrarlo? Il 25 ottobre si avvicina.

Delibere ad personas

Fra gli italiani che vogliono approfittare del piano casa del governo Berlusconi anche il ministro leghista Roberto Claderoli.

Vive in una villetta dentro il Parco dei Colli, in provincia di Bergamo. Negli anni ha chiesto l'autorizzazione ad allargare la cucina di casa. Negata perché dà su una zona sotto tutela. Adesso il provvedimento del governo di cui fa parte consente di allargare gli immobili anche del 20% e lui (ed insieme a lui un suo vicino) ha ripresentato la richiesta. Che però sarebbe stata nuovamente negata perché il piano caso berlusconiano non gli consentiva automaticamente di violare la zona tutelata. Bisognava che il comune intervenisse. E la giunta del suo comune (Lega-PdL) ha deciso di intervenire. E per essere chiaro che si trattava di un favore al ministro si è convocata alle 12,30 di un sabato.

I favori si fanno, e si fanno pesare.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano)

Baarìa

È certamente difficile raccontare in un film la storia di una famiglia che si sviluppa in tre generazioni.

In "Baaria" Tornatore non c'ha nemmeno provato.

Il suo "kolossal" così è diventato la successione di scene prive fra loro di una trama narrativa. Non per questo il film risulta meno bello e interessante.

La prima cosa che mi viene in mente è che ha un fascino particolare per noi siciliani che, tra l'altro, l'ascoltiamo in dialetto, riconoscendo espressioni tipiche che mi incuriosisce sapere come sono state tradotte in lingua.

In oltre, molti di noi vi avranno riconosciuto immagini della memoria familiare, atteggiamenti raccontati da genitori e nonni, come i loro giochi (la "strummula").

Per chi è nato sopra Reggio Calabria risulterà meno suggestivo. Ma, ritengo, non meno bello.

Con tratti leggeri ed eleganti il regista ha trasportato le scene dal fascismo ai giorni nostri.

Lo scenario sembra immutato e sempre lo stesso. Ma Tornatore è invece poetico nel restituirci il corso principale del paese dapprima sterrato, poi "ammattonato", ed infine asfaltato. Come la casa dei protagonisti. Inizialmente due "bassi" che via via si elevano e si allargano ai lati fino ad incontrare gli edifici adiacenti che hanno lo stesso sviluppo. Una crescita che sembra naturale, e quindi priva di regole, casuale, non programmata.

Ma mentre Baaria si trasforma da centro di campagna a piccola città, chi la abita non subisce le stesse trasformazioni, nemmeno esteriori; ce lo dice Beppe Fiorello, dall'inizio alla fine del film sempre accanto allo stesso palo del corso principale, per metà film a ripetere sempre la stessa frase, cambiata per l'altra metà.

Il contesto attorno ai siciliani muta, ma sono proprio i siciliani quelli che hanno maggiori difficoltà a cambiare e che finiscono col trascinarsi il proprio passato.

Sono andato a vedere questo film avendo ascoltato i commenti di chi lo ha trovato monco alla fine.

Ripeto: ci sono i tratti del poeta in quest'opera e poetica è anche la sua conclusione. Tornatore ha spiegato che è anche un po' autobiografico. Se così è come mai avrebbe potuto concluderlo, visto che la sua conclusione non è, buon per lui, ancora arrivata (e certo non avrebbe potuto raccontarcela lui stesso)?

E che ci siano tratti di verità dall'inizio alla fine di questo film è dimostrato anche dall'assessore ceco all'urbanistica: ho avuto la ventura di trovarmi al cinema accanto ad un politico di lungo corso. Gli è bastato vedere l'attore per riconoscere il personaggio, dirmi il nome che non ricordo, il partito (ma non ne era certo e quindi soprassediamo), e anticiparmi la parola e i gesti che lo rendevano famoso negli ambienti politici del tempo (vi lascio la sorpresa).

L'Italia ha candidato "Baarìa" all'Oscar. Vincerà? Non lo so, ma è una giusta candidatura per far correre il nostro Paese. Tornatore è noto all'Academy, ha già vinto un Oscar, sa muoversi nel mondo cinematografico statunitense.

Ultima riflessione. Mal mi disponevano le parole entusiastiche di Berlusconi sul film. Meno ancora quelle della sua grancassa Bondi. Tranquilli, lo fanno solo per soldi. Il film è prodotto dalla Medusa (di Berlusconi) che non aveva mai speso tanto per una produzione durata due anni e in terra straniera dove Bagheria è stata ricostruita per intero. Vero è che non ha affrontato da sola lo sforzo finanziario; altri hanno partecipato come la Regione Sicilia, che, una volta tanto, ha speso bene i suoi soldi (in termini di ritorno di immagine per la nostra regione). Ma se si fosse rivelato un flop il danno economico sarebbe stato non indifferente: da qui le entusiastiche parole dei due "sponsor". E il film non sta andando male nelle sale, l'avventura americana lo terrà in circolazione più a lungo, a maggior ragione se entra nella cinquina finale, figuriamoci nella migliore delle ipotesi. È un film che avrà anche mercato all'estero. Certo, si conferma la supinità degli uomini di cui il premier si circonda: Bondi gli fa da eco per tutelarne gli interessi economici, mentre da parlamentare e, ancor di più, da ministro della Cultura (sic) dovrebbe occuparsi delle condizioni economiche in cui si trova la cultura italiana. Anzi, meglio che non lo faccia. L'ultima volta ha ridotto i fondi per lo spettacolo.

Andate a vedere "Baaria", ma solo perché è bello, ne vale la pena, si esce dalla sala arricchiti e più consapevoli di cosa è stata la Sicilia negli ultimi settant'anni.

11.10.09

Pesi e Contrappesi

Il dibattito apertosi in Italia dopo la bocciatura del Lodo Alfano, e soprattutto la reazione di Berlusconi, mi ha suscitato qualche riflessione.

Anche la Costituzione italiana ha un sistema di pesi e contrappesi.

Chi vince le elezioni governa; e lo fa sulla base di una maggioranza parlamentare; cioè: non solo governa ma ha i numeri anche per cambiare le leggi vigenti. L'arte del governo è quella di applicare le leggi che esistono quando si subentra nella stanza dei bottoni. Ma in Italia, chi sta a palazzo Chigi e guida i ministeri è anche espressione della maggioranza di Camera e Senato: e quindi può cambiare quelle leggi che non intende rispettare e portare avanti. Insomma, ha un potere enorme.

Per bilanciare questo potere esiste la figura del Presidente della Repubblica che infatti sceglie lui (è ancora così in Italia) il capo del governo che deve dimostrare di avere il sostegno del Parlamento; è sempre però il Capo dello Stato che controfirma i decreti di nomina dei singoli ministri; i decreti legge del governo; le leggi approvate dal Parlamento.

Per rafforzare il bilanciamento dei poteri, la durata del mandato quirinalizio è differente da quello del capo del governo e del parlamento: sette anni contro cinque. Per evitare un Capo dello Stato che faccia il bastone fra le ruote del governo, al Quirinale si è eletti con una maggioranza minima che deve essere sempre più ampia della semplice maggioranza che serve per governare.

A sua volta può accadere che il governo presenti una legge, approvata dal Parlamento e controfirmata dal Presidente della Repubblica (ovvero, tutti d'accordo) che, però, violi la Costituzione, legge fondamentale dello Stato da cui origina tutto il diritto italiano. In questo caso, sollecitata dalla magistratura ordinaria o da almeno cinque regioni, interviene la Corte Costituzionale che, sempre in virtù di un sistema di pesi e contrappesi, è composta da 15 membri, un terzo dei quali eletti dal Parlamento, un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle magistrature dello Stato. A loro volta ciascuno di essi dura in carica 9 anni e non può essere rieletto. Così non è detto che, nell'arco di una legislatura o di un mandato presidenziale, effettivamente vengano nominati cinque+cinque dei componenti. Attualmente, ad esempio, ce n'è uno solo nominato da Napolitano e quattro, mi pare, dal suo predecessore Ciampi, nessuno da Scalfaro. La diversa composizione della Consulta, diversa anche nei tempi di assunzione del mandato, assicura l'equilibrio complessivo della Corte. Che, a sua volta, si è data una regola interna: presiede la Corte il componente più vicino alla scadenza del mandato. E' così capitato che ci siano stati tre presidenti in uno stesso anno. A onor del vero, questa regola non scritta, questa consuetudine, ha sollecitato fondate polemiche, perché pare dettata dalla volontà di tutti i componenti di andare in pensione (semplifichiamo) tutti con un assegno vitalizio presidenziale. Ma è un sacrificio economico che forse la Repubblica può sostenere.

Un sistema di pesi e contrappesi non può che essere sostenuto da chi è sinceramente democratico e ha come principale preoccupazione la tenuta democratica del paese; mi tranquillizza sapere che, chi la pensa diversamente da me non potrà violare i miei diritti costituzionalmente garantiti. Un tale sistema invece è mal sopportato da chi ritiene che vincere le elezioni equivale a sbancare il banco. Chi vince ha avuto l'onore d'essere scelto dagli elettori per governare, non per comandare; e sempre nell'ambito del sistema istituzionale italiano, non in violazione di esso.

Altro mi viene in mente, ma per ora mi fermo qui.

Polito vs Polito

Riporto un brano dell’intervista rilasciata dal direttore del Riformista Antonio Polito al Corriere della Sera. Ho solo tolto le domande. Leggete:

Le elezioni ora sarebbero una rottura istituzionale, un’ordalìa, un giudizio di Dio: contro la Consulta e contro il Quirinale. Avrebbe come unico effetto un balzo nel futuro di dieci anni per Berlusconi. Diventerebbe presidente restando lì fino al 2020.
Il Pd ha paura del voto. Ci sarebbero molte forze centrifughe e Rutelli non aspetta altro. Un crollo traumatico del berlusconismo comporterebbe il rischio dello spappolamento del PD che non è pronto.

Cosa? Prima dice che andando ad elezioni anticipate Berlusconi (non si capisce come) si conquisterebbe la presidenza fino al 2020 e SUBITO DOPO ci dice che il crollo del berlusconismo alle elezioni farebbe spappolare il PD?
Polito è considerato una mente pensante dei democratici: capito perché non vinciamo le elezioni?

Nobel vs USA

L’altro ieri era stato reso noto il premio Nobel per la letteratura, andato ad una poco più che sconosciuta scrittrice romeno-tedesca che nei suoi libri racconta, pare, la sua vita difficile nella Romania comunista e la sua rinascita nella Germania democratica.
I giornali hanno cominciato a discettare sulla prescelta ricordando che ogni anno, la decisione della commissione di Oslo mette in subbuglio le redazioni culturali del giornali, prese alla sprovvista dalla scelta e spesso prive di redattori che conoscano il prescelto e abbiano letto i suoi libri. Aggiungevano che, anche la scelta di quest’anno, dimostra l’ostilità degli accademici svedesi nei confronti degli Stati Uniti, mai premiati negli ultimi cinque anni.
AH? Cosa? Ostilistà verso gli USA? L’accusa se l’è dovuta ringoiare chi l’ha fatta: il Nobel per la pace è andato al capo degli USA. Sulla parola.