"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

28.7.08

Corte ggiamento

Tra settembre e febbraio cambiano due dei componenti della Corte Costituzionale.
Arriva a fine mandato il giurista Vaccarella, di nomina parlamentare. In seduta congiunta deputati e senatori dovranno eleggere il suo successore. Sarà con molta probabilità un uomo del centrodestra anche perché Vaccarella è esponente di Forza Italia. Il punto è che si fa il nome di Gaetano Pecorella, udite udite, uno dei legali di Silvio Berlusconi, la cui fedeltà al cliente dentro le istituzioni è stata testata quando Pecorella ha presieduto la commissione Giustizia della Camera.
Sono iniziate le grandi manovre per farlo digerire anche a chi lo subirà, ovvero quegli italiani che non hanno votato per il centrodestra. Avviene così che il Corriere della Sera, trattando l’argomento, ricorda l’ormai antico passato del legale tra le fila della sinistra extraparlamentare, al tempo in cui era un ragazzo. Mi sia permesso di dire che più che un titolo di merito questo è un altro titolo di demerito, motivo in più per non farlo approdare alla Corte che stabilisce la costituzionalità delle leggi.
Per contro bilanciare la nomina settembrina di Pecorella, tra le fila del centrodestra, si cerca di far accettare la nomina alla stessa Corte di Luciano Violante, a febbraio 2009, quando scadrà il mandato di Gian Maria Flick, ex ministro di Grazia e Giustizia del primo governo Prodi. Flick rientra fra i nominati dal Presidente della Repubblica in carica e dunque tocca all’attuale Napolitano scegliere il successore. Potrebbe appunto essere Violante, non ricandidato alle ultime elezioni. Il diretto interessato ci tiene tantissimo. Già due legislature fa era il candidato del centrosinistra, quando al Parlamento toccò di nominare due nuovi componenti della Corte in una stesse tornata. Ma su di lui c’era il veto del centrodestra, secondo cui l’ex presidente della Camera è il capo delle toghe rosse. Contro di lui, all’epoca, il Polo propose che l’altro nominato fosse Pecorella, ancora legale di Berlusconi.
I veti incrociati bloccarono l’elezione di entrambi, sostituiti da nomi più digeribili dai poli.
Per le circostanze che si presentano, però, questa volta Pecorella e Violante non saranno contemporaneamente al vaglio di chi dovrà sceglierli. Verrebbero scelti in momenti diversi e, come detto, con modalità diverse.
Entrambi hanno però bisogno di non scatenare reazioni negative dall’altra parte dello schieramento politico di appartenenza. Così l’avvocato sta buono buono e tace. Violante, invece, quando è chiamato dalla stampa ad esprimere giudizi, sul delicato campo della giustizia, assume posizioni concilianti con quelle del centrodestra, anche relative all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche.
Ancora una volta certi esponenti della sinistra italiana dimostrano che le proprie posizioni politiche sono strumentali alla carriera personale.

Il gatto e la volpe

Annunciano una cosa ma fanno l’esatto contrario.
Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, e Maurizio Gasparri, presidente dei senatori PdL, annunciano una norma per rendere più restrittivo il carcere duro per i mafiosi.
Uno direbbe: ottima cosa? Ma possibile? Vuoi vedere che il centrodestra fa sul serio?
Poi però scopre che c’è quella clausoletta scritta in piccolo in basso che suona tanto di fregatura.
Se passa il provvedimento così come l’hanno pensato i due senatori, a decidere sul carcere duro, per tuti i mafiosi d’Italia, sarà solo un tribunale! E perché? Per evitare di creare giurisprudenze differenti…
Beh, in base a questo principio tutti noi per ogni reato dovremmo essere giudicati da un solo giudice.
E comunque, qual è il tribunale prescelto dai due? Quello di Palermo? Catania? Agrigento? Napoli? Reggio Calabria…? No. Quello di Roma.
Roma? Come Roma? Che c’entra Roma? Perché proprio Roma?
Ah, ecco perché Roma! Lo chiamano il porto delle nebbie…Dove i magistrati sono più controllati dalla politica, dal Vaticano, dalla massoneria…
Avete presente quell’inchiesta sui tentativi di aggiustare i processi in Cassazione? Quella in cui sono coinvolti Dell’Utri, i gesuiti e massoni deviati…?
Ecco, dunque, perché Roma…
Abbaiano, ma non mordono.

Il futuro dietro le spalle

Massimo D’Alema vuole riformare la legge elettorale nazionale secondo il modello tedesco.
Ovvero, legge proporzionale; mantenimento dello sbarramento; correttivo maggioritario; nessun premio di maggioranza, sostanzialmente; sfiducia costruttiva (forse).
In Germania, dove al massimo il numero dei partiti è stato sei, le forze politiche si presentano alle elezioni ognuna con un proprio programma: in base al responso elettorale, pur di formare un governo, si alleano alla meno peggio. È stato così ad esempio l’ultima volta.
La CDU aveva un’intesa di masima coi liberali; l’SPD con i Verdi. Ma nessuna delle due coalizioni ha avuto la maggioranza dei voti dei tedeschi. Risultato: si sono alleati CDU e SPD (Grosse Coalition, grossa coalizione) in un governo guidato dalla leader della CDU Angela Merkel.
Perché a D’Alema questo sistema piace?
Baffino è convinto che l’attuale gruppo dirigente del PD, di cui lui fa parte, mai potrà vincere le elezioni. Piuttosto che cambiare gruppo dirigente e quindi mettersi da parte, preferisce un sistema che consenta loro di raggranellare un cospicuo numero di voti, puntando a fare il pieno a sinistra sfruttando lo sbarramento e il concetto di voto utile, come è stato pochi mesi fa, arrivando intorno al 30% sperando di governare poi col PdL che da solo non arriva al 51% ma va ben oltre il 35%, mettendo così da parte la Lega e gli altri partiti minori del panorama politico italiano.
Insomma, ancora una volta, mostra di preferire più i giochi di palazzo che la politica dell’interesse collettivo.

Le leggi sono bellissime

Che differenza c’è fra sudditi e cittadini?
I primi sono soggetti ai capricci del principe di turno; i secondi solo alle leggi.
Coi primi il principe fa quello che vuole; gli altri sono protetti dalle leggi di fronte ai capricci dei governanti.
I primi vedono impotenti il principe violare le regole che lui stesso ha dato; i secondi vedono i governanti rispettare come tutti le leggi ed esserne puniti in caso contrario.
Ecco perché le leggi sono bellissime.
Fanno la differenza fra cittadini e sudditi.
E noi, in Italia, cosa siamo? Un po’ e un po’. Perché, da noi, in Italia, il governante viola le leggi e per non incappare nelle conseguenze, le cambia a posteriori. E da noi il governante è anche un po’ principe. Ma non diciamoglielo troppo. Perché altrimenti, finisce col compiacersi.

Immigrazione emergenza nazionale

Continua la battaglia del governo Berlusconi verso gli ultimi del mondo. Adesso contro di loro il ministro Maroni ha dichiarato addirittura lo stato di emergenza nazionale.
Non si sa ancora con precisione in cosa consista; ma è un fatto che i ministri italiani sono impegnatissimi contro i lavavetri, mentre trascurano i colletti bianchi dei poteri forti.
Maroni è il primo ministro degli Interni a pensare ad azioni forti contro i criminali comuni; ma è solo l’ultimo dei ministri degli Interni ad occuparsi poco di criminalità organizzata.
Se solo le priorità fossero invertite…
Se tanto impegno fosse profuso contro i criminali veramente pericolosi…
È ripresa la battaglia dei poteri forti italiani contro il gruppo dirigente del PD.
Come ho già scritto, quando nacque il nuovo partito, gli editori di Repubblica e Corriere della Sera decisero che Veltroni era più adatto di Fassino e Rutelli, segretari dei partiti in scioglimento, per la guida della nuova cosa.
Lo hanno praticamente imposto, anche con una campagna di stampa che prendeva le mosse dalle scalate ad Antonveneta e BNL.
I due, e anche D’Alema, e lo stesso Veltroni, capirono e subirono.
Oggi pare che i due maggiori quotidiani italiani abbiano deciso che tutto il gruppo dirigente del PD va sostituito. Via Veltroni ma anche chi potrebbe succedergli, come Fassino, D’Alema e altri.
Li ritengono incapaci di vincere le elezioni nella prossima legislatura. Gli editori dei due giornali non vogliono il centrodestra ancora al governo. Specie Tremonti al posto di Berlusconi. Perché gli editori in questione sono quei petrolieri ma soprattutto quei banchieri che così poco piacciono al ministro dell’Economia. Dall’altra parte serve dunque una candidatura vincente che sappia sconfiggere la destra.
Quindi lor signori si tolgano dai piedi, facciano un passo indietro e se serve una spintarella convincente, eccola servita. D'altronde se in passato il centronistra ha potuto governare è stato anche grazie al sostegno dei salotti buoni della finanza e dell’imprenditoria italiana, rappresentati dai due giornali, cementati alla sinistra italiana da Prodi, ma disposti a far governare gli ex pci com’è stato con D’Alema e come avevano scelto che fosse con Veltroni.
Ma il loto tempo è finito. Se ne convincano e lascino posto ad altri, più allineati e soprattutto maggiormente capaci di portare a casa il risultato.

Spudorati

L’arroganza dei potenti.
Il centrodestra ha presentato la proposta di legge elettorale per le elezioni europee.
Prevede la lista bloccata!
Non potremo più scegliere il parlamentare che vogliamo votare, verrà nominato dal partito, come alle politiche.
Tanto vale ridurre il numero a qualche decina. Almeno risparmiamo…

17.7.08

Sicilia in vendita

La Regione Sicilia guidata da Raffaele Lombardo si è caratterizzata in questi primi mesi di governo per le novità introdotte nella Sanità, guidata da un ex magistrato dell’Antimafia, al punto da litigare con l’UDC del grande amico (ancora?) Totò Cuffaro; per la proposta di far gestire ai privati i siti storici, archeologici e culturali, così da renderli maggiormente redditizi; e adesso dalla proposta di far gestire ai privati pure le autostrade.
L’assessore Russo era partito male ma ha aggiustato il tiro. Ha iniziato tagliando le guardie mediche che invece possono essere il primo intervento sanitario in grado di salvare vite umane. Per reperire risorse ha poi fatto la cosa giusta, ovvero modificare i criteri per le convenzioni tra regione e centri di cura e diagnostica privati.
L’idea che siano i privati a gestire le risorse storico – culturali siciliani mi sembra buona. Devono creare strutture da zero, investire danaro: insomma devono fare veramente gli imprenditori per far funzionare l’idea.
Ai privati Lombardo vuole affidare anche le autostrade adesso.
Prima riflessione. Così i politici scaricano su altri competenze che dovrebbero essere loro ed evitano grane da gestire e brutte figure.
Seconda riflessione. Dare ai privati la gestione delle auotostrade è cosa diversa da fargli gestire i siti archeologici.
Il mestiere dell’imprenditore è investire denaro, creare un prodotto, cercarsi i clienti.
Coi siti culturali l’imprenditore deve realmente spendere quattrini per lo sfruttamento della materia prima; deve creare un prodotto che è l’attrazione turistica; deve cercarsi i turisti che vengano a spendere i soldi in loco.
Ma con le autostrade? Le autostrade, ovvero il prodotto, già ci sono. Per quel pò che se ne capisce, Lombardo chiede solo manutenzione ordinaria. I clienti ci sono pure, gli automobilisti che sfruttano la rete. Allora, di fatto, gli imprenditori che ci mettono?
A meno che non realizzino nuovi assi viari. Appare incomprensibile per esempio che chi parte da Trapani verso Catania deve passare da Palermo, Enna e Calatanissetta per arrivare a destinazione. Così come non esiste autostrada tra Catania ed Agrigento; Messina e Enna o Caltanissetta. Per non parlare di Siracusa e Ragusa non collegate con nessun’altra città della Regione.
Vogliamo coinvolgere i privati? Bene. Facciamogli realizzare questi assi viari, facciamoglieli gestire e allora il loro intervento va bene. Altrimenti è solo un modo per far arricchire qualcuno che dovrà manifestare la propria riconoscenza a don Raffaele.

Veltrodalemiani

E’ da quando Achille Occhetto ha cambiato nome al PCI che la storia della Sinistra italiana è dominata da Massimo D’Alema e Walter Veltroni.
D’Alema, se la memoria non mi inganna, è stato il successore di Occhetto. Allora il quotidiano di Rifondazione Comunista titolò: “IL mASSIMO CHE SANNO FARE”: e non c’è errore di stampa né da parte mia né del titolatore di Liberazione.
D’Alema inaugurò la politica che il suo partito continua a perseguire.
“Pur di vincere le elezioni alleiamoci con i partiti che stanno alla nostra destra”. I primi interlocutori furono i popolari presto arruolati. Poi venne Buttiglione che fece cadere il primo governo Berlusconi con la complicità di Bossi. Poi fu la volta di Prodi, l’unico candidato premier dei vari centrosinistra ad aver battuto Berlusconi: due volte.
Buttiglione non si è fatto assimilare alle diverse cose che D’Alema diceva di voler costruire. In principio fu il PDS, poi vennero i DS. Insomma, la sua strategia è stata di egemonizzare non soltanto l’area tradizionalmente occupata dalla Sinistra italiana, fino a quella socialista, ma di egemonizzare anche quella immediatamente alla propria destra. Essendo portatore del maggior numero di voti fra gli alleati, questi vengono usati per vincere, ma poi li si relega ad un ruolo di secondo piano al governo: di conseguenza questi scalpitano e via via i governi si indebolivano.
Quando il maggior partito della Sinistra non era guidato da D’Alema, arrivava Veltroni, capace di fare peggio del suo predecessore. Veltroni ha lasciato i DS al loro minimo storico di consenso fra gli elettori. E per premio gli hanno fatto guidare il PD…
Che è la somma dei deboli Ds con la Margherita. L’assimilazione dell’alleato di destra è diventata così incorporazione per fusione. Un esperimento che è riuscito discretamente, avendo superato abbondantemente la soglia del 30%, partendo da un magro 25%.
Il merito di Veltroni è stato quello di aver saputo rompere a sinistra. Scelta comunque obbligata. Se si fosse ripresentata la vecchia coalizione avrebbe certamente perso, con una formula nuova si è tentato il miracolo.
Cosa fa un partito che perde le elezioni? Lavora per guadagnare consenso così da vincere le prossime, magari sacrificando quegli esponenti della classe dirigente incapaci di accrescere il consenso. I partiti guidati da Veltroni e D’Alema no. Per mantenere in vita il gruppo dirigente di cui fanno parte, consapevoli dei propri limiti e responsabilità, cercano alleati alla propria destra, e adesso interloquiscono con l’UDC, sperando di ripetere con lo scudocrociato le operazioni fatte con il PPI, con Prodi e con la Margherita. C’hanno provato pure con Italia dei Valori ma Di Pietro è troppo indigesto da digerire e lo diventa ogni giorno di più crescendo nel consenso degli italiani.
Dunque rinunciano a lavorare al rafforzamento del progetto politico che hanno fondato, mettendo energia a mediare con un partito fino a quatto mesi fa dall’altra parte dello schieramento politico, per chiudere un’alleanza che solo fra quattro anni verrebbe messa alla prova del voto.
Insomma è dal 1994 che Massimo e Walter dominano metà della politica italiana. Può essere che loro invece della soluzione sono parte del problema? Non sanno fare politica diversamente che come l’hanno fatta in questi 14 anni. E perdono un’elezione dopo l’altra, e quando le vincono, non convincono e mostrano di non saper governare. Forse la soluzione è che passino in seconda fila.
Avanti un altro. L’Italia ne ha bisogno.

10.7.08

Parole in Napolitano

In queste settimane il Capo dello Stato è al centro dell’attenzione per il ruolo da cerniera che sta svolgendo tra il governo e le altre istituzioni, magistratura e Parlamento.
Un ruolo giocato con ammiratori più nel centrodestra che nel centrosinistra.
Più che mediatore, il Presidente della Repubblica sembra un equilibrista.
È stato eletto, primo caso nella storia repubblicana, all’indomani di elezioni politiche. Ha fatto parte della spartizione di incarichi fra i partiti della coalizione vincente: espresso dai DS, in cambio della presidenza della Camera andata a Rifondazione (Bertinotti) e di quella del Senato andata alla Margherita (Marini). Espressione dunque del gruppo dirigente che fu della Quercia e che ora è del PD. Un’estrazione, questa, che ancora fa sentire il suo peso. Tanto che Berlusconi ha negato la presidenza di una delle due camere all’opposizione proprio perché Napolitano siede al Quirinale.
Attualmente tra il Capo della Stato ed il Partito Democratico esiste una sorta di convergenza delle strategie, tanto da far supporre che sia concordata, se non addirittura ispirata dal loft e suggerita alla più alta carica dello Stato.
Tale retropensiero è presente in chi, avendo votato per i partiti dell’opposizione, da parte di Napolitano si attende una presidenza più interventista, secondo i modelli di Ciampi e Scalfaro, e non invece all’apparenza così notarile, secondo modelli più remoti. Dico all’apparenza, perché se veramente le sue azioni sono concordate col PD o parte di esso, certo non si può parlare di “notarismo” ma di un ruolo politico vero e proprio.
Napolitano è stato esplicito soggetto di critiche durante la manifestazione di martedì a Piazza Navona. Stando alle cronache, ha iniziato Travaglio e ha rincarato la dose Sabina Guzzanti.
Dai due hanno preso le distanze Furio Colombo, che certo nei confronti della maggioranza è più furio che colombo e pure Antonio Di Pietro, anche se legato da antica amicizia politica a Marco Travaglio.
Perché? Un po’ perché è tradizione tenere le polemiche distanti dal Quirinale; un po’ perché serve che il colle continui ad essere una sorte di Svizzera delle istituzioni italiane; un po’ perché Napolitano non può fare poi tantissimo per fermare l’azione legislativa di Parlamento e Governo.
Berlusconi gode di un’ampia maggioranza. Napolitano può rifiutarsi di firmare disegni di leggi, decreti e leggi approvate dalla destra ma solo motivando il rifiuto con la manifesta incostituzionalità dei provvedimenti di cui sopra e per mancanza di copertura economica. Ma se il Parlamento reitera la propria decisione, al Presidente della Repubblica non resta che firmare anche se controvoglia, solo la Corte Costituzionale può intervenire in caso di incostituzionalità.
Napolitano potrebbe dare il via ad un braccio di ferro continuo con Palazzo Chigi e la sua maggioranza parlamentare. Ma alla fine sarebbe comunque costretto a cedere. Chi ci guadagnerebbe da uno scontro istituzionale prolungato e dall’esito comunque scontato?
Alla fine si indebolirebbe il Quirinale. Napolitano potrebbe essere costretto alle dimissioni. Per molto meno il PCI di Occhetto voleva mettere in stato di accusa Cossiga.
Il campo libero lasciato dal presidente è l’ennesimo desiderio politico di Berlusconi che potrebbe tentare in questa legislatura di salire al Quirinale.
Altrimenti sarà il prossimo Parlamento ad eleggere il nuovo Capo dello Stato e lì Berlusconi, anche se fosse espressione di una coalizione vincente, sarebbe più debole di adesso per tagliare l’ambito traguardo.
E se non dovesse essere eletto lui lo sarebbe l’ennesimo Schifani. Risparmiamo al Quirinale l’onta subita dalla presidenza del Senato e dai ministeri delle Pari Opportunità, della Giustizia e della Cultura!
Dunque Napolitano non si deve indebolire, deve rimanere in salute e portare a termine il suo settennato. Proprio in difesa di quella democrazia e per tutelare quei valori che hanno ispirato l’ultima manifestazione di Piazza Navona.
È un compromesso? Certamente. Direi anche il male minore ma è, tra le tante, l’ipotesi migliore che può capitarci.
E allora, lunga vita, Presidente!