"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

10.7.08

Parole in Napolitano

In queste settimane il Capo dello Stato è al centro dell’attenzione per il ruolo da cerniera che sta svolgendo tra il governo e le altre istituzioni, magistratura e Parlamento.
Un ruolo giocato con ammiratori più nel centrodestra che nel centrosinistra.
Più che mediatore, il Presidente della Repubblica sembra un equilibrista.
È stato eletto, primo caso nella storia repubblicana, all’indomani di elezioni politiche. Ha fatto parte della spartizione di incarichi fra i partiti della coalizione vincente: espresso dai DS, in cambio della presidenza della Camera andata a Rifondazione (Bertinotti) e di quella del Senato andata alla Margherita (Marini). Espressione dunque del gruppo dirigente che fu della Quercia e che ora è del PD. Un’estrazione, questa, che ancora fa sentire il suo peso. Tanto che Berlusconi ha negato la presidenza di una delle due camere all’opposizione proprio perché Napolitano siede al Quirinale.
Attualmente tra il Capo della Stato ed il Partito Democratico esiste una sorta di convergenza delle strategie, tanto da far supporre che sia concordata, se non addirittura ispirata dal loft e suggerita alla più alta carica dello Stato.
Tale retropensiero è presente in chi, avendo votato per i partiti dell’opposizione, da parte di Napolitano si attende una presidenza più interventista, secondo i modelli di Ciampi e Scalfaro, e non invece all’apparenza così notarile, secondo modelli più remoti. Dico all’apparenza, perché se veramente le sue azioni sono concordate col PD o parte di esso, certo non si può parlare di “notarismo” ma di un ruolo politico vero e proprio.
Napolitano è stato esplicito soggetto di critiche durante la manifestazione di martedì a Piazza Navona. Stando alle cronache, ha iniziato Travaglio e ha rincarato la dose Sabina Guzzanti.
Dai due hanno preso le distanze Furio Colombo, che certo nei confronti della maggioranza è più furio che colombo e pure Antonio Di Pietro, anche se legato da antica amicizia politica a Marco Travaglio.
Perché? Un po’ perché è tradizione tenere le polemiche distanti dal Quirinale; un po’ perché serve che il colle continui ad essere una sorte di Svizzera delle istituzioni italiane; un po’ perché Napolitano non può fare poi tantissimo per fermare l’azione legislativa di Parlamento e Governo.
Berlusconi gode di un’ampia maggioranza. Napolitano può rifiutarsi di firmare disegni di leggi, decreti e leggi approvate dalla destra ma solo motivando il rifiuto con la manifesta incostituzionalità dei provvedimenti di cui sopra e per mancanza di copertura economica. Ma se il Parlamento reitera la propria decisione, al Presidente della Repubblica non resta che firmare anche se controvoglia, solo la Corte Costituzionale può intervenire in caso di incostituzionalità.
Napolitano potrebbe dare il via ad un braccio di ferro continuo con Palazzo Chigi e la sua maggioranza parlamentare. Ma alla fine sarebbe comunque costretto a cedere. Chi ci guadagnerebbe da uno scontro istituzionale prolungato e dall’esito comunque scontato?
Alla fine si indebolirebbe il Quirinale. Napolitano potrebbe essere costretto alle dimissioni. Per molto meno il PCI di Occhetto voleva mettere in stato di accusa Cossiga.
Il campo libero lasciato dal presidente è l’ennesimo desiderio politico di Berlusconi che potrebbe tentare in questa legislatura di salire al Quirinale.
Altrimenti sarà il prossimo Parlamento ad eleggere il nuovo Capo dello Stato e lì Berlusconi, anche se fosse espressione di una coalizione vincente, sarebbe più debole di adesso per tagliare l’ambito traguardo.
E se non dovesse essere eletto lui lo sarebbe l’ennesimo Schifani. Risparmiamo al Quirinale l’onta subita dalla presidenza del Senato e dai ministeri delle Pari Opportunità, della Giustizia e della Cultura!
Dunque Napolitano non si deve indebolire, deve rimanere in salute e portare a termine il suo settennato. Proprio in difesa di quella democrazia e per tutelare quei valori che hanno ispirato l’ultima manifestazione di Piazza Navona.
È un compromesso? Certamente. Direi anche il male minore ma è, tra le tante, l’ipotesi migliore che può capitarci.
E allora, lunga vita, Presidente!

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