"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

17.7.08

Veltrodalemiani

E’ da quando Achille Occhetto ha cambiato nome al PCI che la storia della Sinistra italiana è dominata da Massimo D’Alema e Walter Veltroni.
D’Alema, se la memoria non mi inganna, è stato il successore di Occhetto. Allora il quotidiano di Rifondazione Comunista titolò: “IL mASSIMO CHE SANNO FARE”: e non c’è errore di stampa né da parte mia né del titolatore di Liberazione.
D’Alema inaugurò la politica che il suo partito continua a perseguire.
“Pur di vincere le elezioni alleiamoci con i partiti che stanno alla nostra destra”. I primi interlocutori furono i popolari presto arruolati. Poi venne Buttiglione che fece cadere il primo governo Berlusconi con la complicità di Bossi. Poi fu la volta di Prodi, l’unico candidato premier dei vari centrosinistra ad aver battuto Berlusconi: due volte.
Buttiglione non si è fatto assimilare alle diverse cose che D’Alema diceva di voler costruire. In principio fu il PDS, poi vennero i DS. Insomma, la sua strategia è stata di egemonizzare non soltanto l’area tradizionalmente occupata dalla Sinistra italiana, fino a quella socialista, ma di egemonizzare anche quella immediatamente alla propria destra. Essendo portatore del maggior numero di voti fra gli alleati, questi vengono usati per vincere, ma poi li si relega ad un ruolo di secondo piano al governo: di conseguenza questi scalpitano e via via i governi si indebolivano.
Quando il maggior partito della Sinistra non era guidato da D’Alema, arrivava Veltroni, capace di fare peggio del suo predecessore. Veltroni ha lasciato i DS al loro minimo storico di consenso fra gli elettori. E per premio gli hanno fatto guidare il PD…
Che è la somma dei deboli Ds con la Margherita. L’assimilazione dell’alleato di destra è diventata così incorporazione per fusione. Un esperimento che è riuscito discretamente, avendo superato abbondantemente la soglia del 30%, partendo da un magro 25%.
Il merito di Veltroni è stato quello di aver saputo rompere a sinistra. Scelta comunque obbligata. Se si fosse ripresentata la vecchia coalizione avrebbe certamente perso, con una formula nuova si è tentato il miracolo.
Cosa fa un partito che perde le elezioni? Lavora per guadagnare consenso così da vincere le prossime, magari sacrificando quegli esponenti della classe dirigente incapaci di accrescere il consenso. I partiti guidati da Veltroni e D’Alema no. Per mantenere in vita il gruppo dirigente di cui fanno parte, consapevoli dei propri limiti e responsabilità, cercano alleati alla propria destra, e adesso interloquiscono con l’UDC, sperando di ripetere con lo scudocrociato le operazioni fatte con il PPI, con Prodi e con la Margherita. C’hanno provato pure con Italia dei Valori ma Di Pietro è troppo indigesto da digerire e lo diventa ogni giorno di più crescendo nel consenso degli italiani.
Dunque rinunciano a lavorare al rafforzamento del progetto politico che hanno fondato, mettendo energia a mediare con un partito fino a quatto mesi fa dall’altra parte dello schieramento politico, per chiudere un’alleanza che solo fra quattro anni verrebbe messa alla prova del voto.
Insomma è dal 1994 che Massimo e Walter dominano metà della politica italiana. Può essere che loro invece della soluzione sono parte del problema? Non sanno fare politica diversamente che come l’hanno fatta in questi 14 anni. E perdono un’elezione dopo l’altra, e quando le vincono, non convincono e mostrano di non saper governare. Forse la soluzione è che passino in seconda fila.
Avanti un altro. L’Italia ne ha bisogno.

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