"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

30.8.06

Dall'italietta di Berlusconi all'Italia di Prodi

La vicenda del Libano ha portato l’Italia ai vertici della politica internazionale.
Vediamo qual è stato il ruolo del nostro paese.
Evitando inopportune manifestazioni politiche di partiti fortemente ideologizzati, siamo riusciti, con un governo su cui pendeva il sospetto d’essere, nell’ordine: antiamericano, antisraeliano e filopalestinese prima ancora che filoarabo, ad assumere una posizione responsabile davanti ad Israele, sfruttando bene le entrature che l’Italia ha in Libano dai tempi della missione negli anni ’80 e quelle della sinistra italiana presso la politica locale. Il tutto senza cedere alla tentazione dell’autosufficienza, evitando di provare ad estromettere gli Stati Uniti, per altro in questo momento molto deboli all’interno quando si parla di politica internazionale e di missioni all’estero, visto il risultato di quelle in Iraq ed in Afganistan, che tengono basso il consenso di Bush nei sondaggi. D’Alema è riuscito ad insinuarsi bene nelle disponibilità della signora Rice che lui, cui la megalomania non fa difetto ( e come potrebbe sentendosi ripetere da amici ed avversari che è uno degli uomini politici più intelligenti d’Italia?) spaccia per amicizia politica e confidenza personale.
Senza venir meno alle parole d’ordine del centrosinistra italiano, il governo Prodi ha esaltato il ruolo dell’ONU ridando dignità internazionale a questa sede. Solo in questo modo la Francia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha potuto giocare un ruolo, nonostante la tradizionale politica estera francese punti a fare della Francia un paese protagonista delle vicende mediorientali. Il governo di Chirac ha infatti potuto recitare la sua parte esclusivamente nell’elaborazione della bozza 1701 votata dal Consiglio e alla base della missione ONU partita ufficialmente ieri. E se il comando della missione è congiunto, i primi mesi alla Francia, gli altri anni all’Italia, è solo perché l’attuale missione internazionale, quella inefficiente per capirci, è guidata dalla Francia, che di fatto cede il comando quando tutte le forze internazionali saranno dispiegate in Libano, insomma quando ci sarà da comandare davvero.
Le prime avvisaglie del ruolo centrale che il nostro paese poteva giocare si sono avute con la conferenza internazionale sul Libano tenutasi a Roma in luglio. Il risultato immediato è stato esiguo ma certamente propedeutico al “cessate il fuoco”.
Berlusconi si rode.
È un vero successo questo per il governo italiano? Assolutamente sì. L’Italia può finalmente provare a giocare quel ruolo di media potenza che insegue dall’Unità ad oggi. C’è sempre riuscita a fasi alterne. Dopo anni di protagonismo c’è stato sempre qualcuno che ci ha riportato all’italietta.
Spiace dire che il nostro paese è stato più lungamente protagonista a livello mondiale sotto il fascismo. Sessant’anni dopo Prodi e D’Alema hanno la possibilità di dimostrare che un ruolo internazionale autorevole e duraturo può giocarlo anche l’Italia democratica.
Questo governo durerà. La politica estera che doveva essere il suo principale punto debole è diventata uno dei punti più forti e caratterizzanti. La politica economica non sarà da meno. Ciò può significare un governo dell’Unione protratto per altri cinque anni nel 2011. Forse riusciremo ad avere un ruolo internazionale per più di una legislatura.
Con buona pace di Berlusconi…Fini, Casini, Bondi, Schifani, Bottiglione, La Loggia…

7.8.06

Libertà di satira

Sull’Unità è scoppiata una querelle fra il disegnatore satirico Staino e il giornalista Marco Travaglio.
Quest’ultimo a dire peste e corna, secondo il suo stile non certo indulgente, dell’indulto e di chi lo voleva. Il primo a rappresentare Travaglio come un beria.
Fatemi dire innanzitutto che l’ipocrisia dell’Unità rasenta a volte il ridicolo. Essendo un giornale di partito, consapevole che l’indulto a sinistra ha detrattori o sostenitori a denti molto stretti, per non scontentare nessuna parte del suo (e)lettorato, ospita interventi, durissimi, dell’una e dell’altra parte, con gli autori che, privi anche del minimo stile, oltre a discettare della cosa, discettano pure su chi, fra le colonne del loro stesso giornale, la pensa diversamente. Non risparmiando l’insulto? No, direi piuttosto, cercando l’insulto più feroce da scaricare sulla testa dell’alleato-avversario-collega.
Chiusa la divagazione, preciso anche che, com’è noto a chi mi legge, sto dalla parte di Travaglio, cioè contro l’indulto. Non ho il suo stile al limite dell’offensivo ma condivido, in linea di massima, le sue posizioni, anche su questo argomento.
In una striscia Staino gli ha dato del beria. Travaglio si è offeso? Non lo so. Ma alcuni suoi amici sì. E sono scesi in campo per dire che, sì, la satira va bene, ma fino a un certo punto, ogni cosa ha un limite. Fra questi anche uomini politici.
Bene. Ogni volta che sento qualcuno voler limitare la libertà d’informazione o di satira, io m’in…zo.
Se in democrazia si accetta come se niente fosse che qualcuno sostenga la necessità di limitare la libera espressione altrui, finiamo su un crinale che può solo restringere gli spazi di libertà civile del singolo cittadino. Noi che non rientriamo nei ristretti circoli di potere sappiamo solo ciò che la stampa ci racconta anche per come ce lo racconta. E la vignetta satirica ha una capacità d’espressione che spesso supera il miglior articolo di un notista politico. Ecco perché, pur non pensandola come Staino, difendo il suo diritto di fare satira come ritiene più opportuno. Dopo di che, chi non ha le sue capacità, utilizzi tutti gli strumenti che una moderna democrazia occidentale gli mette a disposizione per dissentire. Ma non punti a chiudergli la bocca. Altrimenti presto qualcuno proverà a chiuderla a chi la pensa come lui.

Intercettazioni, male (?) necessario

Decreto legge sulle intercettazioni telefoniche. Ecco un altro argomento su cui vigilare.
La gran parte delle più grandi inchieste dei magistrati hanno avuto in questo uno strumento fondamentale per individuare delinquenti d’ogni risma.
Il disegno di legge varato dal governo, nella sua prima stesura, ne limitava l’uso.
Dopo l’intervento necessariamente a gamba tesa di Di Pietro, il testo è stato modificato.
Ma è un disegno di legge, cioè una proposta che per diventare legge deve essere votata da entrambi i rami del Parlamento. Se ne riparlerà quindi a settembre. Non credo che anche su questo testo il governo alzerà le barricate. Ma si potranno consumare invece nuovi inciuci. In sostanza, l’uso delle intercettazioni potrà essere fortemente limitato dal Parlamento, magari con maggioranze trasversali come sull’indulto. D’altronde proprio le intercettazioni hanno svelato gli interessi fuori legge di molti esponenti del centrodestra e dei loro amici, ma anche di autorevoli esponenti dell’Ulivo e di loro compagni. Addirittura la maggioranza che ha votato l’indulto, senza IdV e PdCI, ma con FI e UDC, per le ragioni sopra esposte potrebbe allargarsi ad AN, ancora più solida, quindi.
Gli inquirenti devono poter usare tutti gli strumenti che la moderna tecnologia mette loro a disposizione per scovare chi delinque.
Certo, sapere che Vittorio Emanale, a settant’anni suonati va a puttane a patto che non costino più di € 200,00 non serve al buon esito del processo nei suoi confronti.
E allora si ricordi con severità ai magistrati che vanno escluse dal fascicolo le intercettazioni non pertinenti (la legge già lo dice).
Si cerchino, si individuino e si puniscano i delatori che, violando il segreto d’ufficio, fanno da fonti ai giornalisti. Ma non si tappi a questi la bocca. Compito del giornalista è cercare notizie e diffonderle, non censurarsi, non avere una notizia e non poterla dare se no rischia maximulte e galere. E che dovrebbe fare allora un giornalista? Pubblicare solo veline come ai tempi del Minculpop (Ministero della Cultura Popolare dell’era fascista: tra l’altro aveva il compito di fornire ai giornali le notizie pubblicabili e la lista di quelle da censurare)?
Dobbiamo vigilare. Ritengo brutto questo disegno di legge così come lo ha approvato il governo.
Facciamo sì che possa essere migliorato in Parlamento e non peggiorato.
Noi semplici cittadini, esclusi dai luoghi del potere vero, apprendiamo solo ciò che è pubblicato.
L’indipendenza della stampa deve starci a cuore come la nostra libertà. Il grado di libertà della stampa misura quello nostro ed il tasso di democrazia di un paese.

Giro, giro tondo...e tutti giù per terra

La vicenda dell’indulto mi ha fatto riflettere su un altro aspetto.
Un’assenza. Quale? Quella dei girotondini. Ve li ricordate gli amici della giustizia italiana che manifestavano con enormi girotondi attorno ai palazzi di giustizia del nostro Paese? E che poi si trasferirono a manifestare attorno alle sedi RAI, davanti a Montecitorio, a Palazzo Chigi?
Dove sono finiti in queste giornate di indulto? Certo l’atto di clemenza (o di Clemente?) è stato approvato coi ritmi di un blitz e forse non hanno avuto il tempo di organizzarsi. Siamo in estate e questo non aiuta, e i sostenitori dell’indulto hanno scelto apposta la bella stagione. Ma un’altra riflessione mi corre in mente. Girotondi e movimenti sono elettorato tradizionalmente rifondarolo. Vuoi vedere che…?
Io credo nel sistema giudiziario 365 gg. l’anno. Io credo nel sistema giudiziario chiunque sia l’imputato. Sono contrario a scarcerare colpevoli qualunque cognome riportino. Se uno, manifestando in piazza, spacca le vetrine, distrugge automobili, rovescia cassonetti, lancia pietre contro poliziotti, per me commette reati, sia se si professa di destra, sia se si professa di sinistra. Un rifondarlo non è meno colpevole di un destrorso. In democrazia si manifesta nel rispetto della legge.
Al fianco dei girotondini voglio poter essere sempre. Ed invece il popolo dei girotondi oggi critica due dei suoi leader, Pancho Pardi e Marco Travaglio, colpevoli di coerenza. Colpevoli di volere una giustizia senza “se” e senza “ma”, colpevoli di voler applicare la legge anche ai “compagni se sbagliano” e non solo agli avversari politici. Colpevoli di serietà ed affidabilità, di quella serietà ed affidabilità di cui l’Italia ha bisogno e che fanno di loro dei compagni di strada da cui non devi aspettarti traviamenti, o che ti lascino solo nel momento dello scontro più duro.
Ma ora che ci penso. In fondo, il girotondo è un gioco infantile.

I ghetti sulle spiagge

Incredibile ma vero, a Riccione i musulmani hanno chiesto una spiaggia esclusiva solo per le loro mogli, cosicché si possano togliere il velo, in assenza di occhi maschili, e in presenza di bagnine pronte al salvataggio delle compagne di sesso.
Ancor più incredibile, al Comune qualcuno ha pensato di accontentarli! Ma per fortuna il colpo di sole è durato poco, l’amministrazione comunale ha risposto che non si può fare, mentre alcuni albergatori si sono resi disponibili ad accogliere la richiesta. Insomma, il mondo ha sbandato qualche minuto, poi è tornato “normale”.
Che gli albergatori, imprenditori, accettino l’idea, mi pare cosa assolutamente normale. Il loro mestiere è aumentare la clientela e non c’è modo migliore, da che mondo è mondo, di accontentare i clienti nelle loro esigenze. In questo poi gli albergatori, ed il loro personale di servizio, sono tradizionalmente insuperabili. Non giudichiamo buono un albergo in base alla sua esteticità ed al servizio offerto? Un servizio non è buono se accoglie le nostre richieste di clienti? Dunque mi sembra logico che, per “aggredire una fetta di mercato”, gli albergatori creino su parti delle proprie spiagge climi accoglienti per i loro clienti musulmani, anche riservando parti del loro litorale.
Ma che al comune, qualcuno abbia pensato di fare altrettanto è osceno.
L’imprenditore deve soddisfare le esigenze dei clienti, ma l’amministratore pubblico, non ha come parametro un “target” di clientela, deve guardare all’interesse generale, alle esigenze della collettività.
Cos’è l’integrazione? La sostituzione dei nostri valori con quelli dei nuovi ospiti? Dobbiamo noi adattarci alle loro abitudini di vita o loro accogliere quelle del Paese in cui decidono di vivere? Facciamo nostre le loro tradizioni? Apriamo alla poligamia? Ripristiniamo nella società il ruolo dell’uomo che era ai tempi dei nostri antenati? Impariamo l’arte dell’infibulazione (menomazione dei genitali femminili praticata da buona parte ma non da tutte le culture islamiche, che rende dolorosissima la prima volta di ogni donna e comunque sempre doloroso il rapporto sessuale. Scusate se ho specificato il significato: mi ha spinto a farlo il dizionario del computer che mi segnava il termine come errore, perché non presente nel suo dizionario: sono certo che siamo più acculturati di questi dizionari, non volevo offendere nessuno, ma il dubbio m’è venuto)?
Certo che no. In una moderna democrazia occidentale lo Stato – che deve essere laico – ha il dovere di rendere tutti i cittadini eguali. E se è costretto a discriminare va fatta salva la maggioranza non certo la minoranza. Ad ogni uomo deve essere consentito di vivere secondo le regole che vuol darsi col solo divieto che non limitino gli altri. “La libertà di ognuno deve finire dove comincia quella dell’altro”. Se questo deve valere per il governo che applica le leggi ed il Parlamento che le fa, figuriamoci per un’amministrazione comunale.
L’incertezza del comune di Riccione è frutto della mancanza di un moderno sistema valoriale. Fino alla caduta del muro di Berlino si scontravano le ideologie. Belle o brutte, condivisibili o meno, rappresentavano una griglia di valori in base ai quali gli amministratori pubblici sapevano come comportarsi, al di là dell’esistenza dei difensori della dottrina (i partiti). Oggi invece esiste una sola fonte di valori, la Chiesa, che infatti cerca di occupare gli spazi lasciati vuoti dal marxismo, dal liberalismo e da altre forme di ideologie intermedie, e prova a dettare canoni di comportamento e regole, trovando ascolto su chi non ha più una griglia su cui muoversi.
Ma la Chiesa, secolarizzazione di una religione, non può essere strumento di unità e sintesi di una società multirazziale quale è il mondo occidentale di questo millennio. La religione lega (re-ligio, latino: legare con corde o cappi) gli appartenenti ad una stessa fede, ma divide da chi ha una fede diversa. Cosa vogliamo fare? I ghetti? La spiaggia ghetto delle musulmane, quella degli ebrei?
Ecco perché serve un sistema di valori dell’Italia laica. Regole comuni e condivise, nel rispetto delle appartenenze altrui e delle minoranze, censorie però di quelle pratiche, anche tradizionali o religiose contrarie a valori basilari del mondo occidentale: del mondo occidentale dico, del nostro mondo, quello al quale apparteniamo, consapevole che non è vero che esistono valori universali, che sono invece sempre espressione di una parte protesa ad imporli ad altri che non li condividono.
Ecco perché bisogna consentire ai musulmani di vivere pienamente la loro religione ma senza quelle pratiche contrarie a valori laici ed occidentali come l’intangibilità della persona.
L’occidente ha una storia millenaria di lotta alle limitazioni della libertà dell’uomo e alle discriminazioni, razziali, sessuali, religiose. In Sicilia nel secondo dopoguerra si è combattuto il delitto d’onore. Oggi combattiamo, ma il termine è improprio se paragonato agli strumenti del passato, contro le discriminazioni nei confronti di chi ha tendenze sessuali non in linea con la maggioranza della nostra società. Non possiamo, dall’altro lato, accettare nuove discriminazioni o la riproposizione di vecchie, da parte degli immigrati per un malinteso senso dell’integrazione o dell’accoglienza.
Accogliamo le donne e gli uomini, non le violenze domestiche, come un giudice giudicherebbe la volontà di un occidentale di imporre alla moglie il velo. (Per questa volta, risparmiamoci le facili battute).
Ecco come può farsi serio un discorso avviato su argomenti leggeri.
Ma per il mondo globale e per l’Italia nel mondo globale, l’identificazione di valori condivisi e laici, che uniscano più fedi piuttosto che dividere in base alla fede, è la grande sfida di questo millennio.
Non rinunciamo a giocarla.

3.8.06

Conflitti d'interesse

Si torna a parlare di conflitto d'interessi.
Lo ha fatto il capogruppo dell'Ulivo alla Camera, Dario Franceschini, in riferimento a quello grosso quanto una casa (anzi, quanto una serie di ville in Sardegna) di Silvio Berlusconi.
I primi commentatori già lamentano l'intempestività dell'iniziativa: "non favorisce il clima di dialogo fra maggioranza ed opposizione". Vero. E questo dialogo serve ad un centrosinistra che è maggioranza risicatissima al Senato.
Ma le cronache di questi primi due mesi e mezzo di governo ci hanno dimostrato che, quando vogliono, la collaborazione si trova. Due esempi fra questi sono l'elezione dei membri laici del CSM, tutti parlamentari, e l'indulto. Guarda caso due temi nel campo della giustizia.
Piuttosto l'iniziativa dell'intraprendente capogruppo dell'Ulivo, sembra puntare a ricompattare l'elettorato di centrosinistra deluso proprio dall'operazione indulto, quel perdono generalizzato a criminali di tutte, ma proprio tutte le risme, che l'Unione per cinque anni ha impedito a Berlusconi di fare e che invece adesso ha concordato con lui in una manciata di giorni, arrivando a votare non solo di sabato, evento di per sè raro, ma pure di sabato sera, evento che le cronache parlamentari non registravano da qualche legislatura.
Sarà il dibattito sul conflitto d'interessi il cancellino dell'indulto nella mente degli elettori di centrosinistra? Ho i miei dubbi.
Ma aggiungo: questa nuova legge non la voglio. Perchè? Perhè regolerebbe, magari male, i conflitti d'interesse economici, e magari neanche tutti. Ma non sono solo questi i conflitti d'interesse. Non c' è conflitto d'interesse ad essere parlamenare e votarsi leggi ad personam per impedire ai magistrati di indagare su di sè? Non è conflitto d'interesse votarsi lo sconto di pena, la cancellazione del reato, l'amnistia? Non erano forse in conflitto d'interessi Previti, Dell'Utri ma anche Caruso di Rifondazione Comunista? La legge che ha in mente Franceschini vuole risolvere anche questi conflitti d'interesse? No.
Voglio fare un'altra riflessione. Il 24% degli italiani ha votato Berlusconi ben sapendo del suo conflitto d'interessi economico e giudiziario. Ma in quanti sapevano di quello di Caruso? Siamo certi che tutti gli elettori di Rifondazione sapessero dei reati contro la società commessi da questo deputato rifondarolo?
L'indulto serviva a Rifondazione per Caruso e i suoi amici. Ai DS per Unipol e non solo. Alla Margherita per incidenti di vario tipo, come per l'UDeuR. La Rosa nel Pugno schiera in aula ex terroristi, figuriamoci se no vuol far uscire di galera attuali delinquenti. Di Forza Italia si sa ad abundantiam.
Ecco altri esempi di conflitto d'interessi. No, la legge di Franceschini, questi non li elimina proprio.

1.8.06

Ferie a lavoro

Da troppo tempo questo blog è stato abbandonato a sè stesso.
Ma d'altronde, diceva Luigi Pirandello, "la vita o si vive o si scrive", ed io - tra politica, lavoro e vita privata - l'ho vissuta troppo in questi ultimi due mesi per avere il tempo di scrivere.
Adesso sono tornato un pò più libero e cercherò di tornare a curare questo blog, sopratutto dopo che bispensiero.it mi ha fatto l'onore di inserirmi fra i blog amici (per altro a mia insaputa...).
L'indulto è lo scandalo del momento ma anche ciò che accade all'estero non è niente male.
Di materiale per dibattere ne abbiamo...

25.5.06

Un governicchio

Chi sono gli uomini migliori dell’Unione Nazionale? Quelli che la coalizione ha mandato al governo, si presume, impegnando le proprie migliori energie al servizio dell’Italia.
Dopo una decina di giorni dalla nascita del governo, proviamo a fare un’analisi a freddo.
Esteri, D’Alema. Noto all’estero, già presidente del consiglio, inventore dell’ “Ulivo mondiale”, sogno partorito con Blair e Clinton ai tempi della cosiddetta “terza via”, con tanto di battesimo a Firenze, congelatissimo fino a scadere quando Blair ha affiancato Bush nella guerra in Iraq, col sostegno di Berlusconi nel frattempo trasferitosi a Palazzo Chigi proprio al posto che era stato di D’Alema. Vedremo se l’esponente ds riaffermerà la centralità dell’Europa e il dialogo coi paesi mediterranei tipici della nostra politica estera e se con gli USA passerà dalla subalternità al rapporto paritetico. I precedenti da premier non aiutano: ai tempi della guerra in Kossovo fu subalterno a Clinton. In oltre: D’Alema vi pare diplomatico?
Beni Culturali e turismo, Rutelli. Da sindaco di Roma ha dimostrato d’essere un buon amministratore. Può quindi ricoprire qualunque incarico. Ma in questo campo la Melandri aveva lasciato un buon ricordo di sé. Potrebbe far bene.
Interno, Giuliano Amato. Uomo di grande esperienza, ha ricoperto incarichi ministeriali di tutti i tipi. Equilibrato, mi sembra una buona scelta.
Giustizia, Mastella. Secondo me Mastella è meglio di come lo dipingono. Quanto meno è sincero e di lui conosciamo tutti i difetti (compreso che è l’unico segretario di partito in Italia ad essere pagato dall’UDeuR per l’incarico che ricopre: esempio contrario: Di Pietro al suo partito versa soldi). E poi dopo Castelli non può che far bene.
Difesa, Parisi. Pare che il ragazzo ci tenesse tanto e non ho ancora capito perché. Non farà danni (altrove forse sì?)
Economia, Padoa –Schioppa. È diventato il nuovo Garibaldi: di lui non si può parlar male: lo ha apprezzato anche Berlusconi.
Sviluppo Economico, Bersani. Persona concreta, aspettiamo i fatti concreti.
Istruzione, Fioroni. Cosa avrà quest’uomo da insegnare alla scuola italiana? Come Mastella: non potrà fare peggio del suo predecessore (la Moratti): ma saprà fare meglio?
Università, Mussi. Fuori luogo. Ma per me Mussi è fuori luogo pure in politica.
Lavoro, Damiano. E chi l’ha visto mai? Non pervenuto. Atti attendesi.
Solidarietà sociale, Ferrero. C. s. : un’altra faccia nuovissima di questo governo. In fede (di Prodi).
Politiche Agricole, De Castro. Amicissimo di Prodi, ci fidiamo per transitività. Ma per la Sicilia non farà nulla. Nel suo campo la nostra Regione ha potestà esclusiva.
Ambiente, Pecoraro Scanio. E che avrebbero dovuto dargli altrimenti? Lo attendiamo alla prova dei fatti. Ma mi fa tornare in mente un proverbio latino: risus abundat in ore stultorum.
Infrastrutture, Di Pietro. Di lui ho già scritto troppo. Quando lasciò i Lavori Pubblici i dipendenti del ministero piangevano (!) Speriamo che riconfermi la sue efficienza.
Trasporti, Bianchi. Pur di dare ragione ai sindacati che avevano appena aperto la bocca per respirare, ha ipotizzato di cambiare il management di Alitalia facendo crollare il titolo di oltre il 10% e obbligando la Borsa a sospendere le contrattazioni sulla compagnia di bandiera. Qualcuno gli spiega che adesso quando parla non lo ascoltano più solo i quattro gatti del suo partito (il PdCI)?
Salute, Turco. È talmente dalemiana che non sopporta la stampa, specialmente quando i giornalisti si ritengono liberi di criticare. D’Alema per lei viene prima d’ogni cosa. Preferirei che la sua priorità fosse il bene dell’Italia.
Comunicazione, Gentiloni. L’uomo dell’inciucio sul Conflitto D’Interessi?
Affari regionali, Lanzillotta. Petalo di Margherita, rutelliana di ferro, ma moglie di Bassanini. Spero che si renda conto che la riforma voluta dal marito ha creato negli enti locali dei tecnocrati di grande potere che contano più di sindaci, presidenti di provincia e di regione, che, una volta eletti, si accorgono di non poter spostare una penna da un tavolo all’altro senza pietire il placet del burocrate di turno e addio al programma presentato agli elettori.
Attuazione del Programma, Santagata. Serve un ministero ad hoc? Prodi, Prodi, Prodi………
Riforme, Nicolais. Non pervenuto.
Famiglia, Bindi. Mi piace: l’unica cattolica in chiesa e laica fuori dalla chiesa: modello De Gasperi. Può solo far bene (spero).
Pari Opportunità, Pollastrini. Il cognome in un ministero simile non aiuta. Parifichi tutto in fretta che non se ne può più di questo dicastero. Le donne c’hanno guadagnato col cambio (c’era la Prestigiacomo)? E gli uomini?
Commercio Internazionale, Bonino. Sprecata, poteva dare il meglio di sé altrove.
Rapporti col Paramento, Chiti. Data la natura particolare della delega, saprà fare bene.
Politiche giovanili e sport, Melandri. Per la prima delega deve inventarsi tutto. Per la seconda: in bocca al lupo!!!!
Giudizio complessivo? Rileggetevi il titolo.

19.5.06

Leader in Sicilia cercasi.

Uno dei tanti aspetti del governo Prodi che ha trovato spazio sui giornali nazionali è l'assenza di ministri siciliani. Una polemica accesa dal centrodestra che nel passato governo Berlusconi aveva 4 ministri isolani. Si può certamente discutere sulle qualità di Miccichè, Prestigiacomo e La Loggia, oppure sulla sicilianità di Martino, ma sempre 4 erano.
Personalmente non sono colpito dall'assenza di ministri della nostra regione: è la riprova della scarsa qualità del personale politico siciliano del centrosinistra. Non abbiamo autorevoli esponenti della politica in Sicilia. Tant'è vero che l'Unione è sotto di 15 punti rispetto alla CdL. L'Unione non è forse stata costretta a scegliere un non-politico per la Presidenza della Regione?
Le classi dirigenti del centrosinistra hanno il dovere dell'autocritica. Le classi non dirigenti della stessa coalizione hanno il dovere della critica e quello di costruire una nuova generazione di rappresentanti del popolo siciliano in grado di rappresentare degnamente la nostra regione, capaci di puntare a ruoli istituzionali nazionali.
Napoli ha espresso tre presidenti della Repubblica: la Sicilia nessuno.
Ricordate il nome di un Presidente del Consiglio siciliano dalla nascita della Repubblica ad oggi? No? Tranquilli, neanch'io.
Ma siamo poi certi che l'Unione siciliana sia così povera di persone qualificate? Certo che non è così; ma siamo poveri di uomini e donne che siano per altri importanti punti di riferimento, insomma: ci mancano i leader.
L'unica a fare eccezzione è forse Anna Finocchiaro dei DS, eletta infatti capogruppo dell'Ulivo al Senato. Il suo nome è circolato anche per la Preseidenza della Repubblica. Eletta a guidare il gruppone di Palazzo Madama non poteva certo essere poi portata al governo. Gli altri esponenti di punta dei DS siciliani o sono capetti come Cracolici, Giannopolo e Capodicasa oppure vengono appena maltollerati dagli stessi capetti come Fava: serve un ricambio generazionale. Su Crisafulli pietoso silenzio: ma la sua sarà la provincia con la percentuale di consenso più alta per l'Unione.
Nella Margherita Bianco si è bruciato con la stupida idea di ricandidarsi a sindaco di Catania. Forte dei sondaggi (mi auguro che dopo l'esperienza di aprile nessun politico che si definisca serio ne comissioni più) ha perso malamente le elezioni: manco al ballottaggio è arrivato! Oltre Bianco abbiamo l'eterna invisibilità di Mattarella, il fallimento politico di D'Antoni, il chiaccherato Cardinale, il comodo Cocilovo.
Rifondazione Comunista è politicamente inesistente.
Nell'Italia dei Valori è approdato l'eterno leader Leoluca Orlando, rinato grazie ad Antonio Di Pietro ma dal futuro incerto. Punta a riguidare la città di Palermo ma rischia la fine di Bianco. Suo dovere principale, essendo l'unico vero leader politico siciliano (compresi quelli del centrodestra) è di consentire la formazione di una nuova classe dirigente del centrosinistra isolano. Sarà la sua grande eredità politica, in grado di sopravvivere alla sua esperienza personale.
Poche parole anche per Rita Borsellino. Scendendo in politica lo ha fatto con tutte le potenzialità di un leader, a parte l'età: quel che si dice un "leader naturale". Invece abbiamo tutti perso un'occasione, non imputabile esclusivamente a lei: speriamo di poterne parlare francamente dal 29 maggio in poi.

18.5.06

Quirinale figlio di Palazzo Chigi

Per la prima volta un Capo dello Stato affida l'incarico di formare il governo all'uomo che lo ha portato al Quirinale.
Anche questa è una novità storica che difficilmente potrà essere ripetuta.

9.5.06

Troppo vecchio!

E dunque Napolitano.
Pare questo l'esito dell'elezione al Quirinale. L'esponente diessino avrà o forse non avrà i voti della CdL ma sembra che nulla possa impedirgli di salire al colle più alto.
Ribadisco una sola riserva: ha passato gli 80 anni!! Che figura facciamo nel mondo?!? Sembriamo uno di quei stati a democrazia incompiuta. Recentemente il re del Nepal, per superare la crisi del suo paese, ha affidato il governo ad un 83enne... Con tutto il rispetto, ma rischiamo i primi funerali di un presidente in carica.
D'Alema ha detto che Napolitano entra cardinale ed uscirà Papa. Mantengo il linguaggio vaticanista: non vorrei che fosse un Papa di transizione...

8.5.06

D'Alema for president

Continuo a ritenere sbagliata l'elezione di D'Alema al Quirinale. Sarebbe un favore troppo grosso a Silvio Berlusconi.
Il leader di Forza Italia avrebbe buon gioco a dire che il centrosinistra punta ad occupare tutti i posti di potere. Non solo. Eleggeremmo comunque un uomo che con Berlusconi ha già inciuciato.
Insomma, Berlusca si ritroverebbe sul colle il suo candidato ideale senza votarlo e anzi gridando allo scandalo per la sua elezione.
In oltre passeremmo dal presidente più amato dagli italiani a quello più odiato.
A favore di D'Alema depone il fatto che si disinnescherebbe l'ordigno sotto la poltrona di Prodi a Palazzo Chigi. Lo pensiamo tutti, il che è prova dell'opinione diffusa che noi italiani abbiamo di D'Alema.
Ma la figura del capo dello Stato deve essere unitaria e quindi D'Alema dovrebbe rinunciavi.
I nomi fatti dalla CdL sono autorevoli. Monti non ha forse la necessaria esperienza istituzionale. Dini sa essere collerico, il che non aiuta. Marini è bene che rimanga al Senato, perchè la sua sostituzione somiglierebbe troppo al vaso di Pandora. Resta un buon candidato Amato, con senso delle istituzioni, capacità d'equilibrio, buoni rapporti con entrambi i poli, grande esperienza e capacità di navigazione.
Su Napolitano pesa l'età troppo alta.
C'è poco da fare. Tutto per me rema contro D'Alema, che, senza un blitz della CdL, rischia però di farcela.

4.5.06

Una soluzione possibile

Lunedì prima riunione dell'Assemblea Elettiva del Capo dello Stato.
Ufficializzato il ritiro di Ciampi, l'Unione è alla prese con l'elezione di Massimo D'Alema. La CdL divisa fra chi lo voterebbe, per evitare Amato, e chi non vuole votarlo preferendogli Amato o Marini. Il quale, notizia di oggi, andrebbe bene a Casini, con la subordinata di eleggere un presidente del Senato del centrodestra: le provano tutte per non subire ciò che hanno fatto loro.
Meglio Marini che D'Alema lo pensa forse anche Berlusconi. E pure io.
Ma se il problema è di non lasciare a bocca asciutta i Ds un'alternativa potrebbe esserci.
Non Giorgio Napolitano, già ultraottantenne: per me il Capo dello Stato eletto deve avere al massimo 79 anni, motivo per cui non mi andava bene la rielezione di Ciampi. Ma perchè no invece Anna Finocchiaro? Brava, intelligente, capace, non troppo caratterizzata politicamente, con un forte senso delle istituzioni, mi pare. Qualcuno aggiungerebbe: "e donna": io no. Non mi piace perchè donna. Non ne ho valutato il sesso ma solo le capacità già dette. Motivi validi e sufficienti per sostenere la sua candidatura. Non ritengo che qualcuno debba ricoprire un ruolo in base al suo sesso nè che debba esserne escluso per lo stesso motivo: ma questo può essere argomento di un altro post.

27.4.06

D'Alema a piede libero

Domani si insedieranno le camere del nuovo Parlamento. Quella dei deputati sarà presieduta da Fausto Bertinotti che tanto ci teneva al punto che Massimo D'Alema ha fatto un passo indietro, o meglio, un balzo indietro.
Tralascio ogni opinione su Bertinotti terza carica dello Stato.
Mi preoccupa di più D'Alema il quale ha sostenuto di voler tornare ad occuparsi del partito. Per me suona come una minaccia, anche se lui gode di tanta buona stampa che nessuno l'ha voluto scrivere. Se D'Alema torna al partito, tornerà nella condizione di far cadere Prodi come nel 1998. Non ho mai avuto dubbi sulla fedeltà di Rifondazione Comunista, ma ne ho su quella del presidente DS.
Mi auguro che accetti gli Esteri, così sarà talmente impegnato in giro per le cancellerie del mondo a recitare la parte dello statista da non poter nuocere al governo che gli italiani hanno voluto.
In bocca al lupo Prodi, in bocca al lupo Italia.

20.4.06

Prodi subito!

Cresce in Italia l'idea che sia questo Presidente della Repubblica a dare l'incarico di formare il nuovo governo a Romano Prodi.
Sembra essere diventata l'opinione degli italiani che contano ma anche di semplici cittadini che premono sui loro politici di riferimento. Un pressing sul capo dello Stato tanto inelegante quanto opportuno.
Una petizione è stata firmata anche da molti esponenti dei comitati per Rita Borsellino Presidente anche se non risulta che a lei sia stato proposto di firmare, il che sarebbe inopportuno oltre che inelegante.
Presidente, ci risparmi questa lunga vigilia!!!

12.4.06

Ingorgo istituzionale

Pare che il presidente della Repubblica voglia lasciare al suo successore l'onore (l'onere?) di affidare a Romano Prodi l'incarico per formare il nuovo governo. Non lo si può costringere a comportarsi diversamente da come ritiene più opportuno, ma non condivido la sua decisione e il rapito adeguamento ad essa dell'Unione.
Fino all'ultimo giorno del suo mandato il Capo dello Stato è nel pieno dei suoi poteri. Un tempo la Costituzione lo privava di quello di sciogliere le camere negli ultimi sei mesi del suo mandato. Tralascio considerazioni che ritengo interessanti e mi limito a dire che anche questo limite è stato eliminato.
Dunque Ciampi può affidare l'incarico a Prodi entro il 28 maggio, ultimo giorno del suo settennato.
Mettiamo il calendario alla mano.
Le camere si riuniscono il 28 aprile ed eleggono l'ufficio di presidenza. Si può prevedere che il compito sia svolto nell'arco di non oltre 48 ore, e siamo stati eccessivamente generosi (pensando più al Senato che alla Camera).
Entro il 5 maggio ("ei fu...") si costituiscono i gruppi parlamentari che il Capo dello Stato deve consultare prima di affidare l'incarico a Prodi. Tralasciando il fine settimana, lunedì 8 maggio Ciampi può dare avvio alla sfilata al Quirinale da concludere il 10, al più tardi, con l'incarico a Prodi che torna sul colle l'indomani con la lista dei ministri in mano. Entro il 17 maggio (8 giorni dopo) può arrivare la fiducia del Senato (tradizionalmente la prima aula ad esprimersi), entro il successivo 24 maggio quella della Camera. Giusto in tempo per la fine del mandato di Ciampi.
E per le regionali in Sicilia (e le aministrative nazionali: es.: Roma e Milano), su cui potrebbe influire positivamente la nascita del nuovo governo.
Eletto il nuovo presidente della Repubblica, buona educazione istituzionale vuole che il capo del governo rassegni simbolicamente le dimissioni, storicamente mai accettate. Nulla impedisce, poichè è cambiato il sistema politico ma non ancora la Costituzione, che la buona creanza sia rispettata da entrambe le nuove parti, non volendo prendere in considerazione che il nuovo capo dello Stato sarà comunque espressione dell'Unione, al più amichevolmente concordato col centrodestra.
Presidente Ciampi, ci risparmi una vigilia inutilmente più lunga...!!!

6.4.06

Il fantasma del regime

Giornata particolarmente felice quella del "Corriere della Sera" di oggi.
Propongo la lettura di questo editoriale di Paolo Franchi, editorialista di punta del quotidiano di via Solferino.
F. A.


Nella terzultima (se Dio vuole) giornata di campagna elettorale Silvio Berlusconi ci ha regalato una notizia buona e una cattiva. La notizia buona è che coglioni non sono, come ci era parso di capire, gli elettori del centrosinistra in generale, ma solo quelli che, pur disponendo di «beni al sole», votano ugualmente per l'Unione, andando così contro il proprio interesse. La notizia cattiva, che, come spesso accade, relega quella buona in secondo piano, è che proprio nella giornata di ieri si sono svolte le prove generali del «regime» in cui saremo costretti a vivere qualora il centrosinistra vincesse le elezioni.
Così la pensano anche il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che l'annuncio in questione lo ha anzi dato qualche ora prima di Berlusconi, protestando per l'aggressione e la discriminazione subite da Mediaset, e una quantità di esponenti della Casa delle Libertà. Tutto sta, naturalmente, a stabilire se la notizia cattiva risponda al vero o se, per caso, sia stata in gran parte costruita; e l'impressione è che la seconda ipotesi sia quella che più si avvicina al vero. Si può discutere quanto si vuole, infatti, sul rifiuto di Romano Prodi di partecipare a un terzo, imprevisto confronto con Berlusconi in una trasmissione di Canale 5; ma è molto difficile immaginare che il Cavaliere (lo stesso che nel 2001 rifiutò qualsiasi duello televisivo con Francesco Rutelli) e i suoi collaboratori non lo avessero messo in conto. E' pure poco probabile che, di fronte a questo no così prevedibile, Berlusconi abbia pensato che un gruppo di giornalisti di sinistra (sindacato o non sindacato) avrebbero consentito alla richiesta di intervistarlo nella medesima trasmissione, in qualche modo sostituendosi al leader dell'Unione.
Ed è ancora meno credibile che abbia coltivato davvero l'idea di sfidare tutto e tutti (le regole, gli avversari, la gran parte dell'opinione pubblica) esibendosi a ogni costo in un assolo. Molto più realistico, piuttosto, è pensare che sin dall'inizio Berlusconi avesse chiaro che quella trasmissione (una «trasmissione fantasma», ha commentato giustamente Enrico Mentana) alla fine non si sarebbe fatta, e proprio questo volesse. Per protestare contro i vincoli imposti (secondo lui, si capisce, a vantaggio dell'Unione) dalla par condicio, per denunciare la sinistra che oggi attenta alla sua libertà di comunicare e alla libertà dei cittadini di essere informati, e domani punirà Mediaset, per lanciare il grido di dolore più alto possibile sul «regime» che minaccerebbe tutti, non solo le sue reti, in caso di sconfitta della Casa delle Libertà. Può darsi che l'affondo, in termini di voti, gli giovi, anche se chi grida troppo alla censura non dà l'impressione di avere il vento in poppa. E' certo, però, che con questa storia della trasmissione fantasma Berlusconi ha rumorosamente riportato al centro della contesa il tema nevralgico del conflitto di interessi, che sinora aveva pesato, sì, nella campagna elettorale, ma certo non la aveva dominata. Anche a mettersi nei suoi panni, non sembra un'idea straordinaria.

Il vero Insulto

Ritengo particolarmente interessante quanto scritto da Claudio Magris e pubblicato oggi dal "Corriere della Sera". Magris è un pluripremiato scrittore italiano, molto apprezzato anche all'estero.
F. A.
Uno degli ultimi scivoloni del presidente del Consiglio uscente è oggetto di vituperio per una cosiddetta parolaccia usata nei confronti degli avversari politici, anzi di tutti gli elettori (in ogni caso, qualsiasi sia l'esito delle elezioni, di una metà degli italiani) che hanno intenzione di votare contro l'attuale coalizione governativa e, in particolare, contro chi la presiede. Scandalizzarsi per una loquela sboccata è forse esagerato, anche se un ruolo istituzionale dovrebbe comportare un certo stile e una certa decenza; una parola scurrile suona diversa se pronunciata da un marinaio alticcio che inciampa su uno scalino o da un vescovo che celebra una funzione religiosa. In ogni caso, lo scandalizzato stupore è fuor di luogo, perché ciascuno, in ogni momento della sua vita, fa (dice, pensa) esattamente quello che può ovvero usa i talenti che senza suo merito né demerito gli sono stati dati, come dice la parabola evangelica. Evidentemente, in quella circostanza — in quella costellazione irripetibile e fatale del suo stato d'animo, delle sue paure, ire, ambizioni, chimere — il presidente del Consiglio non poteva dire altro: non aveva, in quell'istante, altri concetti e altre parole a sua disposizione.
Non è dunque l'innocente volgarità da caserma — cui tutti, pur non presidenti del Consiglio, abbiamo largamente fatto ricorso senza per questo sentirci particolarmente infami — che deve essere bollata. In quella frase c'è qualcosa di ben più grave e sovversivo, che perverte il senso della politica. Il presidente in via di uscita ha offeso — poco importa con quanta finezza — chi vota senza pensare solo al proprio interesse. Con un unico insulto, ha liquidato secoli di pensiero liberale e di riflessione sul rapporto fra l'individuo e la collettività o lo Stato, fra l'interesse privato e quello pubblico, fra il bene individuale e quello comune. Aristotele Rousseau Locke Croce Einaudi e innumerevoli loro colleghi entrano così d'ufficio nella categoria che il presidente in scadenza ha definito con simpatica familiarità goliardica ossia nella categoria di chi vota — opera, agisce — pensando non soltanto al suo interesse, non soltanto al suo particulare. È questa l'aberrazione, non il linguaggio colorito e plebeo. Alle elezioni si vota per eleggere chi guiderà il proprio Paese. Del proprio Paese fa parte ogni cittadino, il quale, legittimamente anzi doverosamente, vota pensando anche, e fortemente, ai propri interessi; scegliendo i governanti che gli sembrano più capaci di garantire a lui e alla sua famiglia lavoro, sicurezza, benessere, dignità.
E' ovvio, è naturale ed è bene che in questa scelta rientri la considerazione della propria situazione personale, della propria categoria, delle proprie prospettive e dei propri beni. Gli interessi, prettamente intesi, possono essere più morali di astratti e furiosi ideali, come ha scritto Sergio Romano, perché responsabilmente attenti alla realtà e alle conseguenze, pure a lungo termine, di ogni atto e di ogni scelta. Ma la civiltà e la maturità politica — di un individuo, di una società, di un popolo — consistono nella capacità di collegare il proprio interesse con quello generale, di capire la loro reciproca indissolubilità, e si misurano col metro di questa capacità. Io faccio il professore universitario; è comprensibile che non sia disposto a dare il mio voto a un governo che si proponesse di ridurre alla fame o di deportare i professori universitari, ma meriterei l'epiteto caro al presidente in via di scadere se votassi pensando solo alla confraternita degli insegnanti universitari e questo vale per ogni categoria.
Al servizio di trasporti urbani della mia città chiedo certo di non trascurare il rione in cui abito, ma non soltanto di non trascurare quel mio rione; tutto ciò acquista una speciale intensità quando entrano in gioco esigenze primarie quali la sanità, la scuola, la dignità, le possibilità offerte potenzialmente a ognuno, la sicurezza. Chi può finanziariamente permettersi una nutrita e costante guardia del corpo, potrebbe personalmente infischiarsene delle rapine e delle aggressioni, ma non per questo necessariamente vota per ridurre le forze e le dotazioni della polizia; in questo caso, una persona civile vota apparentemente contro il proprio interesse (pagando per un servizio di cui in quel momento non ha bisogno), ma vota in realtà per il proprio interesse, che è quello di vivere in un Paese in cui la sicurezza è un bene generale. Guicciardini sferzava gli italiani accecati dal loro tornaconto particolare e perciò distruttori del bene dell'Italia e dunque di se stessi. La ramanzina al presidente agitato per il suo congedo non ha bisogno di ricordagli eroi — ad esempio i volontari caduti in guerra per l'Italia che hanno dunque agito contro il loro interesse personale, ma non per questo vengono ricordati col termine a lui così caro. Ogni volta che camminiamo per la strada sappiamo che il nostro interesse coincide in parte con quello degli altri passanti, ugualmente minacciati da eventuali buche e disposti a qualche piccolo sacrificio per colmarle. E se ad offendersi per quell'epiteto fossero i cittadini che si apprestano a votare per l'attuale governo?

Voto disgiunto

Sul Corriere della Sera di ieri la notizia che Giulio Andreotti, il 9 e 10 di Aprile userà il voto "disgiunto": alla Camera voterà Alleanza Nazionale, al Senato la lista Democrazia Cristiana - Nuovo PSI. Ha così motivato la sua scelta: in AN eleggerà il suo avvocato Giulia Bongiorno (ragionamento alla Berlusconi), nella lista DC-Nuovo PSI, Pippo Franco, proprio lui, il comico. Pare che nelle amabili conversazioni avute con l'attore, il divo Giulio l'abbia trovato molto interessante.
Ciò che colpisce, al di là del merito, è che uno dei capi della DC si sia ridotto a scegliere di volta in volta per quale partito votare, a seconda dei candidati schierati. In questa seconda (fase della) repubblica Andreotti non si identifica più in nessun partito. C'ha provato dopo il crollo della DC. Prima coi popolari e poi con Democrazia Europea, il partito cui diede vita insieme a Sergio D'Antoni e Pippo Baudo, entrambi ora nella Margherita, dopo un passaggio di D'Antoni nell'UDC (nello sfondo si intravede il simbolo di DE).
Oggi invece il sette volte presidente del consiglio appare come uno dei tanti elettori moderati, fluttuante di elezione in elezione. Mannheimer sostiene che sono sempre meno. Che ormai si vanno cristallizzando gli elettorati di centrodestra e centrosinistra. Ma resiste un 10 - 15% di elettorato nelle cui mani è la decisione di quale coalizione debba governare l'Italia.
E così, alla fine, Andreotti risulta comunque decisivo.
Ma anche lui comincia a perdere fascino. Alle ultime elezioni regionali, ha sostenuto la candidatura di Storace, sconfitto da Marrazzo. Si è rifatto al referendum sulla fecondazione assistita: in questo caso ha prima annunciato il suo voto contrario, da cattolico adulto; poi però, da cattolico ubbidiente, ha fatto sapere che non sarebbe andato a votare, come chiedevano le gerarchie ecclesiastiche. E' in quest'occasione che Andreotti è politicamente morto: non è stato più in grado di resistere alle pressioni vaticane, lui che da De Gasperi aveva imparato a ricacciare i vescovi dietro gli altari e a lasciare le cose della politica ai politici.

4.4.06

Di che partito sono?

Mi sono divertito anch'io coi test di alcuni siti che pretendono di dirmi per chi devo votare in base alle mie risposte ad alcune domande su questioni di politica nazionale ed internazionale.
Ho visitato tre di questi siti.
Per il primo, che poneva domande di destra che suggerivano già le risposte, le mie idee sono per poco più del 60% di centrosinistra e coincidono innanzitutto con Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani; seguono a pari merito l'UDC e i DS; quindi la Margherita; ho pure una spruzzatina di AN e Lega prima ancora che di FI. Gli altri partiti in questo test non esistono, mancano, segnatamente, Rosa nel Pugno e Italia dei Valori.
Per un altro sito il mio candidato premier da votare è Romano Prodi, il partito Rifondazione Comunista.
Un sito che invece mi ha analizato in rapporto a quasi tutti i partiti in lizza, mi ha trovato più vicino alla Rosa nel Pugno. Nel tempo devo aver subito una mutazione genetica, perchè dopo la RnP somiglio tanto, sostiene, ai Verdi e ancora a Rifondazione Comunista. L'unica certezza è che il mio partito ideale non esiste e che sono diviso fra i partitini. Prima di arrivare ad uno dei grandi partiti italiani, infatti, mi ritrovo più vicino a Italia dei Valori e ai Comunisti Italiani. Seguono i Ds, l'UDeuR e la Margherita. Completata la gamma dei partiti di centrosinistra si evidenziano i miei aspetti in comune con AN, Lega e UDC. Anche in questo caso, FI è solo ultima.
Che conclusione devo trarre? Che ragiono troppo con la mia testa per trovare, fra gli attuali, un partito che mi somiglia. Che sono evidentemente di centrosinistra. Che il mio pensiero mi allontana dai grandi pertiti italiani per avvicinarmi ai più piccoli, sopratutto a quelli di sinistra.
E' quì che colgo la conclusione vera di questi test: non funzionano. Ci pigliano forse per la coalizione (servirebbe qualche altra testimonianza a proposito) ma non certo per il partito. Fermo restando il fatto che io ho la certezza d'essere coerente con me stesso mentre i partiti spesso cambiano idea.
E visto che la classifica me l'hanno fatta gli altri, adesso la faccio io: Italia dei Valori, Margherita, UDeuR, RnP, Verdi, DS, PdCI, RC. E dall'altra parte: UDC (mafia esclusa), FI, AN e Lega.
In attesa del Partito Democratico, cui credo che somiglierò al 100% (o almeno spero).

16.3.06

Repetita iuvant

Sul confronto Berlusconi - Prodi tanto è stato detto e scritto.
I giornali hanno pure sottolineato Prodi che rinfaccia a Berlusconi di rivolgersi sempre al passato, "arriveremo fino a Garibaldi".
Vado a memoria.
Avete notato che Prodi ha buttato questa frase lì, senza sottolinearla più di tanto? Eppure la battuta era buona. La spiegazione c'è. La battuta non è nuova. L'ha detta lo stesso Prodi nel confronto con lo stesso Berlusconi del 1996. Il leader di Forza Italia ripeteva continuamente la formula "PCI-PDS-DS", e Prodi gli ha risposto che a furia di guardare indietro si finiva a Garibaldi.
Nel 1996 Prodi fu abbastanza apprezzato per la "prontezza" della risposta.

8.3.06

Invasioni barbariche

La politica italiana è proprio strana.
Passi pure che ci si interroga sull’intromissione di Bush e del Papa in questa campagna elettorale per le politiche, ma di Gheddafi!!
Coll’invito a Berlusconi il presidente degli USA ha consentito al leader della CdL di farsi un bello spot propagandistico. E d’altronde è noto che Bush tifi per l’amico italiano, docile ed obbediente: ben altro sarebbe avere a che fare col centrosinistra al governo, portatore di così tanti distinguo verso la politica estera americana.
Il Papa che riceve i politici del Partito Popolare Europeo pochi giorni prima del voto del 9 aprile è un ingenuo? Ma chi ci crede. Semplicemente l’operazione non è riuscita per la capacità dell’Unione tutta di disinnescare l’ordigno. Convocare il congresso del PPE a Roma alla vigilia delle elezioni è un altro spot. Tajani, autorevole (malgrado la sua perspicacia, o forse proprio per quella?) esponente di Forza Italia al punto da essere il vicepresidente del PPE, dice che si tratta di pura coincidenza; che il congresso è stato convocato prima di stabilire la data delle elezioni. Coda di paglia.
Vogliamo crederci? Bene; ragioniamo in questi termini allora. Chi decide la data delle elezioni? Il Presidente del Consiglio. E chi è il presidente del consiglio? Berlusconi, uno dei leader del PPE, ben a conoscenza della data del congresso PPE. Avrebbe potuto, come in tanti gli chiedevano per altre motivazioni, anticipare il voto delle politiche a prima del congresso. Ma ovviamente non l’ha fatto, perché avrebbe perso l’occasione di una tribuna in cui potersi spacciare come leader acclamato internazionalmente.
Mettiamo invece di non voler credere a Tajani. La data del congresso è stata fissata prima di sapere quando si votava in Italia? Vero. Ma si sa che in Italia si vota in primavera, tra marzo e giugno. Se non si voleva usare strumentalmente questo congresso, lo si sarebbe potuto tenere altrove, in altri paesi con partiti popolari di tradizioni più certe e forti: in Spagna, Polonia, Germania, ecc. Invece è stata scelta l’Italia, l’unico di questi paesi che in primavera certamente avrebbe votato. Coincidenze?
Vanno dal Papa, non vanno dal Papa? Ratzinger li deve ricevere oppure no? Le cronache ci raccontano che la megaudienza (in 200 davanti al Pontefice) l’hanno voluta i popolari italiani. Alla vigilia del voto? Coincidenze? Ahi, ahi, ahi, Tajani.
Il Papa può riceverli? Certo.
Deve riceverli? Opinabile.
Riceverli vuol dire entrare a gamba tesa in questa campagna elettorale? Certo. La Chiesa di Ratzinger fa politica: in Italia, in Spagna, in Germania… Vuole influire sulle decisioni del mondo. Non si accontenta di seguire le questioni del cielo. È una Chiesa militante che vuole imporre il suo punto di vista ai cattolici e ai non cattolici. È una Chiesa diversa da quella di Giovanni Paolo II°, che pure Ratzinger vuole santo. Il Ruini che guida la Chiesa italiana sotto Ratzinger è ben altro da quello che ha guidato la medesima Chiesa sotto Giovanni Paolo II°. Su questo ben più ci sarebbe da scrivere, ma rimandiamo ad un’altra volta.
E veniamo a Gheddafi.
Va bene lamentare le intromissioni di Bush e del Papa, ma di Gheddafi…! Insomma, politici italiani, un po’ d’orgoglio. Non penserete mica che le preferenze del leader libico possono far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Gheddafi è casomai un problema italiano all’estero da affrontare, gestire e risolvere, ma da cui non farsi condizionare in campagna elettorale. Chiunque vinca ci dica come intende gestirlo, ma certamente non quanto intende farsi influenzare. Con i paesi esteri, vi prego, schiena diritta, ricordate che portate sulle spalle l’onore e la rispettabilità dell’Italia.

22.2.06

Categorie mentali

Quotidiano di oggi.
Da figlio di partigiani a massacratore di Srebrenica.
Questo il cappello alla notizia relativa alla cattura del generale serbo Mladic.
“Da figlio di partigiani a massacratore”: come dire che un figlio di partigiani non potrebbe essere un massacratore.
Siamo grati ai partigiani italiani. Hanno dato il loro contributo nella guerra alla dittatura nazifascista. Siamo più grati a quei partigiani che, combattendo la dittatura nazifascista, puntavano ad istituire un sistema democratico, e un po’ meno grati a chi voleva sostituire una dittatura con un’altra. Ma non può sfuggirci che nella loro guerra i partigiani che ringraziamo hanno ucciso, realizzato attentati, fatto saltare bombe, e quindi, compiuto atti che oggi, invece che “di guerra”, definiremmo “terroristici”.
Lo scrivo per ricordare che tutto è relativo.
I partigiani sono per noi degli eroi, padri autorevoli della nostra Repubblica. Anche perchè hanno vinto. (Se avessero perso…ma, per fortuna, la storia non si fa con i “se”.)
Come Mazzini e Garibaldi sono dei patrioti che hanno dato la vita per fare l’Italia. Ma per fare l’Italia l’hanno anche tolta ad altri.
Per noi Mladic era un massacratore, ma per la sua parte, per la Nazione che ha difeso, per il popolo per il quale ha combattuto, era un partigiano. Figlio di partigiani.

18.2.06

Richard Gere è ingrassato negli ultimi vent'anni

TG5 delle 13,00 di sabato 18 febbraio.
Intorno alle 13,25 il conduttore Salvo Sottile legge questa notizia: “Richard Gere, vent’anni fa eletto l’uomo più sexy del mondo, è ingrassato. Lo rivela questa foto che vedete ripresa, pubblicata dal Daily Mail. Ma la moglie dice di amarlo nonostante qualche chilo di troppo”.
Ahimé, più o meno le parole lette dall’archorman del TG più visto d’Italia a quell’ora sono esattamente quelle che sto riportando. È possibile, chiedo al direttore Rossella che non legge questo blog, che quel giorno al mondo non sia accaduto nulla di più interessante cui dedicare due minuti del suo TG? Anche nel mondo dello spettacolo, o dello sport, non necessariamente le noiose notizie di politica o di guerra, o le sanguinanti notizie di cronaca.
Difendere la libertà di stampa è a volte faticoso e ingrato. Capita di doverla difendere dagli stessi giornalisti.

La guerra dei sondaggi

Gli ultimi dibattiti politici cui abbiamo assistito in TV si sono concentrati sui risultati diversi dei sondaggi.
Le pagine dei giornali non parlano d’altro e degli impresentabili dei due poli.
Non c’è modo migliore per mantenere lo status quo.
Vogliamo sapere invece come l’Unione intende migliorare l’Italia e come la Casa delle Libertà vuol fare domani quel che no ha voluto fare fino ad oggi: quali e quante leggi ad personam per il premier e famiglia e amici?
Grazie.

16.2.06

Unione a perdere

Caruso candidato di Rifondazione Comunista che preferisce Hamas a Mastella. Rifondazione stessa che blocca la candidatura di Ferrando per le dichiarazioni sui carabinieri morti a Nassirja. Il caso Ferrando che rivela come il 41% di Rifondazione sia su posizioni estremiste. La Martgherita candida De Mita capolista coi DS in Campania e una dei leader del fronte contrario alla libertà di ricerca scientifica: si inalberano Italia dei Valori nel primo caso ed il fronte referendario nel secondo. Orlando rifiutato dalla Margherita e recuperato da Di Pietro, come altri parlamentari uscenti di chiara aspirazione "democratica". Prodi presenta il programma e l'indomani lo sminuisce dicendo che se una cosa non vi è scritta non vuol dire che non si farà. Con Margherita e DS pare che ne scriverà uno più snello. La Rosa nel Pugno prima dice che il loro programma è Prodi, poi si rifiuta di firmare le 281 pagine nella pubblica cerimonia del teatro Eliseo di Roma, quindi annuncia che lo firmerà comunque, poi e altrove. A che c'è spara a zero contro la Chiesa, pretende che il riconoscimento delle coppie di fatto sia chiamato PACS, perchè se si chiama in altro modo non c'è lo stesso gusto. In Piemonte DS contro DS per la TAV, a seconda che si sia sindaco o altro.
Sono solo alcuni esempi del tentativo disperato fatto dall'Unione per perdere queste elezioni.
Verdi, PdCI, Rifondazione e Rosa nel Pugno preferiscono perdere piuttosto che provare a migliorare l'Italia governandola. Ogni tanto si ci mettono pure i partiti che dovrebbero dar vita alla svolta storica del Partito Democratico. Gli unidici (sic!) capipartito dell'Unione, e gli altri esponenti di primo piano di questa coalizione, danno troppo spesso prova di ingenuità politica. Litigano come se avessero già vinto le elezioni. Ed invece il centrodestra è in rimonta, più grazie all'opposizione che per merito delle tre punte. Diciamocelo. Berlusconi in tv non funziona più. Fini va un pò meglio ma è a giornate. L'unico in splendida forma è Casini. Sopratutto hanno indovinato le ultime mosse politiche. Le bufale le fanno dire alla Lega, litigano quanto basta per differenziarsi l'un l'altro ("marciare divisi per colpire uniti") ma non arrivano mai allo scontro. Fanno come Lombardo a Catania che ha intercettato i voti di chi s'era stufato della Casa delle Libertà mantenendolo però nel centrodestra.
Più ci avviciniamo alle elezioni, più l'esito mi sembra aperto, con gli indecisi nei sondaggi che sono ancora troppi.
Il centrsonistra si diverta a litigare, che il centrodestra si divertirà a governare.
In bocca a lupo, Italia.

13.2.06

Libertà di stampa 2

Puntata dell’altra sera dell’Incudine, trasmissione condotta dall’ex uomo politico socialista Claudio Martelli.
Alla domanda di Serena Dandini che chiedeva se preferiva il Martelli politico o quello conduttore, Gianni Minoli, giornalista di lungo corso e pure lui ex socialista ha risposto: “il politico”.
Condivido. La trasmissione di Martelli è noiosa. Le domande sull’incudine, che dovrebbero essere veloci ed incisive, tali da mettere in difficoltà l’ospite intervistato dal conduttore, non centrano l’obbiettivo neanche lontanamente. In questo Minoli resta, dopo tanti anni dalla nascita (e un po’ meno dalla morte) del suo Mixer, esempio non eguagliato.
Martelli, come ahimè molti altri conduttori, è stato condannato dal Garante per le Telecomunicazioni che lo ha riconosciuto colpevole di non rispettare la par condicio. Il ricorso lo ha presentato la Lega. E Martelli o si adeguava o interrompeva la trasmissione. Decisione che è indelicato prendere senza consultare il proprio editore. Sta di fatto che ha deciso di proseguire il programma e attenersi alle disposizioni del garante. Risultato: tre ospiti della Lega all’ultima puntata dell’Incudine. Si confrontavano con altrettanti ospiti di Rifondazione Comunista.
Nel post sotto a questo, denunciavo la pericolosità della condanna inflitta dal Garante a Ballarò, la trasmissione di RAITRE condotta da Giovanni Floris, reo di non aver invitato l’associazione (!) “Luca Concioni”. Nel post sotto si legge: “Ma ci rendiamo conto della deflagrazione che può portare la decisione dell’Authority? Ogni oscura associazione (e lo dico avendo molta stima per l’impegno della “Luca Coscioni” di cui conosco l’attività e qualche esponente) potrà pretendere d’essere invitata da un programma televisivo nazionale da tre milioni di telespettatori!”
Detto, fatto. Non potevo essere più facilmente profetico.
Nella sua trasmissione Martelli, per non subire altre condanne, oltre a Lega e Rifondazione ha invitato, udite udite, un rappresentante del Partito Comunista d’Italia Marxista – Leninista e, se ciò non fosse abbastanza, un rappresentante del Partito Maschio al Cento per Cento!!! Peccato che quasi certamente non li avete visti. Il primo con i baffoni alla Stalin, il secondo con capelli pochi spiaccicati sulla testa e sulla fronte grazie a qualche mezzo chilo di gel, giubbotto di pelle, occhiali neri (di notte e in uno studio televisivo, sic!!!) e, per farla completa, alla presentazione di Martelli saluta col segno V fatto con le mani!!!! Ma ci rendiamo conto?!?! Questa è l’informazione che vogliamo? Ci interessa ascoltare i loro programmi?? Lo ammetto. Io non ce l’ho fatta. Già non riesco ad arrivare alla conclusione di una puntata di questa trasmissione, figuriamoci l’altra sera. Povero Martelli. Ma veramente vogliamo che Berlusconi e Prodi si confrontino col Partito Maschio al Cento per Cento? In Italia esiste ancora il senso del ridicolo? L’hanno i nostri rappresentanti istituzionali? L’ha chi fa leggi e regolamenti? E chi le applica?
Avete capito che a me ‘sta trasmissione non piace. Ma per quei pochi che siete, consentitemi di esprimere la mia solidarietà a Martelli per il rospo che ha dovuto ingoiare.

6.2.06

Libertà di stampa

Prima pagina di un quotidiano nazionale di venerdì tre febbraio: “Disegni danesi su Maometto: proteste e minacce. Il rabbino di Francia: condivido l’ira dei musulmani”
Pagina due dello stesso quotidiano, il cardinale italiano Achille Silvestrini: “La cultura occidentale deve trovare un limite alla libertà”.
Pagina tre: “Mubarak: le vignette una miccia per i terroristi”.
Pagina quattro: “L’authority punisce TG4, Ballarò, Mentana e Martelli”. Fede dovrà fare pubblica ammenda e parlare molto di Prodi. Gli altri dovranno per forza invitare in studio la Lega, la Lista Pannella (che non c’è più) e l’Associazione Luca Concioni.
Conclusione.
La libertà di stampa è veramente in pericolo. Come la libertà di parola. I musulmani, il rabbino di Francia e un autorevole cardinale italiano pretendono che si scherzi su tutto, su tutti gli altri, ma non sulla religione: scherza coi fanti, ma lascia stare i santi! E perché? La satira è espressione della democrazia. Su tutto si deve poter fare satira.
E i giornalisti devono poter essere se stessi nel proprio mestiere. Ma ci rendiamo conto della deflagrazione che può portare la decisione dell’Authority? Ogni oscura associazione (e lo dico avendo molta stima per l’impegno della “Luca Coscioni” di cui conosco l’attività e qualche esponente) potrà pretendere d’essere invitata da un programma televisivo nazionale da tre milioni si telespettatori! Mentana, Martelli e Floris cambiano mestiere. I giornalisti devono cercare le notizie e dare quelle che hanno, nel modo che lo ritengono più opportuno. La libertà data ai giornalisti è una garanzia per noi. Anomali in Italia non sono i giornalisti ma il sistema televisivo italiano. Una sentenza della Corte Costituzionale ha definito l’attuale sistema contrario ai principi democratici della nostra carta. Un referendum popolare ha fissato a due il numero massimo di reti nazionali per ogni editore televisivo. Che si cambi il sistema. Creiamo più pluralismo tra gli editori e avremo più pluralismo tra i giornalisti che potranno esercitare fino in fondo e senza censure – che comunque non devono esserci – la loro attività. In base al referendum, Rai e Mediaset vendano ognuna una rete. Avremo sul mercato un altro editore. Più voci indipendenti più democrazia.
Nel nuovo millennio siamo costretti a recuperare concetti come la democrazia, la divisione dei poteri, la libertà d’opinione e d’espressione, il rispetto per gli altri. Resta attuale quanto detto da Voltaire: “Non condivido quel che pensi, ma darò la vita perché tu possa dirlo”. Nessuno deve dare più la vita per la libertà di pensare. Ed invece in Olanda un regista è stato ucciso da musulmani per un film sull’Islam e i giornalisti in Iraq sono stati bersaglio dagli attentati terroristici e dei colpi di cannone degli americani (morto un cronista spagnolo).
Il Potere, politico, religioso o economico che sia, non vuole libertà di stampa. Noi dobbiamo rivendicare il diritto ad essere informati. Noi dobbiamo difendere i giornalisti perché siano liberi di confezionare i loro prodotti televisivi e scritti come meglio credono, qualunque cosa pensino e dicano, da Fede al TG3.
Oppure saremo sempre meno informati e i potenti di turno si rafforzeranno sulla nostra testa senza nemmeno accorgercene.
Il potere che ci serve è la conoscenza. Chi conosce più di altri è potente più di altri.

2.2.06

Perchè

Come ho già detto, mi ritrovo titolare di questo spazio per caso. Diamogli un senso.
Sarà una piazza (che funzionerà se qualcuno la frequenterà).
Io cercherò di scrivere cose intelligenti e mi auguro interventi altrettanto intelligenti.
Sarebbe bello che tutti firmassero quel che scrivono e che questo spazio fosse utilizzato per esporre idee e confrontarle.
Spero di poterlo personalizzare il prima possibile, a partire dall’eliminazione dei termini inglesi.
Sarò giornalista obbiettivo, non più cronista ma osservatore. Rispetto al passato mi esporrò con qualche commento in più.
E se son rose, fioriranno…

1.2.06

Non sono un bravo navigatore di Internet. Non so come, non so perchè, pubblicando un commento sul blog di Tele Jato, mi sembra di capire che mi sono aperto un blog a mio nome.
Caso mai qualcuno dovesse finirci, diciamo che un "come" è successo non lo saprò mai. Un "perchè" riuscirò a trovarlo.
Domani.