"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

29.5.07

PdCdS

L’intervista rilasciata da Massimo D’Alema al Corriere della Sera ha rilanciato il dibattito sulla sfiducia che gli italiani provano nei confronti della politica. A parte il fatto che D’Alema avrebbe potuto benissimo fare autocritica, forse ha ragione quando dice che siamo tornati al ’92.
Ma non per la sfiducia degli italiani verso gli uomini delle istituzioni, quanto per il tentativo che, mi par di capire, una parte della classe dirigente di questo paese sta facendo per scalzarne quella al momento al potere. E siccome D’Alema nel ’92 riuscì a riposizionarsi, con l’uscita della settimana scorsa, forse sta tentando di nuovo di farla franca.
Di cosa stiamo parlando esattamente?
Nel ’92 fu lo scandalo Mani Pulite a rovesciare la classe politica che aveva governato, salvo qualche innesto di tanto in tanto, ininterrottamente dalla fine della seconda guerra mondiale.
Lo scandalo era di proporzioni bibliche anche perché la stampa provvedeva ad ingigantirlo. Titoli a tutta pagina in prima, il processo Cusani in diretta TV, uomini potentissimi incapaci di far obbedire i mass media ai loro voleri com’era accaduto fino a quel momento.
Poi però un giorno, dall’oggi al domani, le tv smontano, tutte insieme, le proprie postazioni davanti ai palazzi di giustizia di mezza Italia e lo spazio sui mezzi di comunicazione di massa si ridimensiona. Cosa è accaduto nel frattempo: è scesa in campo una nuova classe politica. Da una parte Silvio Berlusconi che, con il suo partito azienda punta a guidare i moderati di questo paese rimasti orfani del pentapartito; dall’altra parte D’Alema e la sua invenzione, Prodi. D’Alema, Occhetto e altri dirigenti del vecchio PCI sono solo sfiorati da Mai Pulite. Finiscono nel tritacarne per ultimi, quando la stampa decide di spegnere i riflettori, dopo aver fatto fuori i cinque partiti tradizionali del governo repubblicano. Insomma, quando qualcuno è sazio e soddisfatto del lavoro svolto, contento di aver ottenuto la sostituzione di una classe politica che sembrava eterna con un nuovo ceto politico. D’Alema riesce persino a presentarsi come l’uomo nuovo della sinistra italiana, campione del riformismo e del rinnovamento del nostro paese da sinistra: l’alter ego occulto di Berlusconi, costretto però a far spazio a Prodi per portare gli ex pci al governo dell’Italia.
Oggi, però, uno scandalo come tangentopoli non c’è. Ecco allora artificiosamente creare lo scandalo di costi esagerati della politica, come se fossero una novità. In questo modo nel tritacarne finiscono di nuovo tutti, come nel ’92. E l’esigenza non è sostituire l’Unione con la CDL ma, di nuovo, riuscire ad imporre una nuova classe politica.
Mettiamola così.
La classe dirigente italiana si aspettava tanto da Berlusconi. Il fallimento del ’92 glielo perdona perché vittima del complotto di palazzo che porta Dini a Palazzo Chigi. Nel ’94 vince Prodi. Anche lui fallisce, ma gli vengono perdonati i fallimenti, vittima pure lui di un complotto di palazzo che porta a Palazzo Chigi D’Alema. Nel 2001 rivince Berlusconi con una solida maggioranza parlamentare. Il suo fallimento questa volta non viene perdonato dalla classe dirigente italiana: non ha scusanti. Ecco perché i potenti d’Italia decidono di sostenere Prodi. Un sostegno evidenziato dall’esplicito appoggio del Corriere della Sera, espressione di quei poteri forti che Berlusconi ha forse provato a sconfiggere sostenendo Ricucci nella scalata al giornale di via Solferino: sappiamo com’è finita. Senza il sostegno di quello che è bene cominciare a chiamare il Partito del Corriere della Sera, Prodi non avrebbe vinto: Berlusconi era ancora ben voluto da tanta parte dell’Italia. Ma, com’è noto, Prodi vince male ed il suo debutto è anche peggio. Aumenta il numero dei ministri, dei viceministri e dei sottosegretari. Il suo governo, vittima della porcata di Calderoni, è debole al Senato; il suo primo anno di governo al di sotto delle aspettative dell’Italia intera, compreso il partito del Corriere della Sera.
Come uscirne? Prodi vuol completare la legislatura, altrimenti si ricandida. Berlusconi, se si vota prima del 2011, ha le stesse intenzioni. Ma a chi conta in questo paese questi due non vanno più bene. E le loro seconde fila non sono certo degli sconosciuti. Nessun colpo d’ala può venire dai vari D’Alema, Veltroni, Rutelli e soci. Ecco allora perché serve un nuovo scandalo che travolga tutti. E mancando si prova ad inventarlo: la politica costa; i politici guadagnano troppo; sprecano tanto; sono tutti (si badi bene, tutti) incapaci; troppa gente vive di politica. Accuse in parte vere e fondate, ma niente di nuovo sotto il sole e niente di tipicamente italiano che, con le varianti del caso, non si registri in tutte le democrazie.
Nel frattempo Luca Cordero di Montezemolo conclude il suo mandato di presidente di Confindustria. Da tempo la classe dirigente italiana fa circolare il suo nome come leader politico. Lui si schermisce ma intanto, come dire, a furia di farlo circolare si vede l’effetto che fa.
Ma, e qui D’Alema sbaglia, non siamo nel ’92. Lui, è vero, nel dubbio prova ad autotutelarsi. Ma l’attuale classe politica italiana non è debole come quella del vecchio pentapartito. Reagisce. E ha gli argomenti per farlo.
Non è che gli uomini del PdCdS (Partito del Corriere della Sera) brillino per verginità. Intesa e San Paolo si sono fusi con l’assenso della politica; Tronchetti Provera è meglio se non si fa vedere in giro dagli italiani; sua moglie moderi le parole che sennò ce n’è pure per lei; Montezemolo non faccia il verginello chè gli industriali hanno molto da farsi perdonare… La politica si attrezza. Si inventano il Partito Democratico che fallirà ma per saperlo sul serio bisognerà comunque aspettare le europee del 2009 e Berlusconi puntella i confini della sua coalizione forte del suo fortissimo appeal personale con il Paese e, a chi se lo fosse dimenticato, ricorda una banalità: per governare servono i voti…
Stavolta è più difficile del ’92…

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