"Non condivido le tue idee, ma darò la vita perché tu le posesprimere". Voltaire

5.2.07

Del matrimonio (parte seconda)

Il matrimonio non è nato con il cattolicesimo.
Se andiamo indietro con la storia, forme di matrimonio moderno le registriamo nelle civiltà classiche dei greci e dei romani.
Per non parlare della leggenda sull’uomo preistorico che sceglieva la propria moglie e la faceva sua a colpi di clava.
Dunque l’essere umano, praticamente da subito, ha ritenuto di regolarizzare un rapporto speciale tra due persone dando vita al concetto di matrimonio, molto debole, però, ancora fra i greci.
Le testimonianze storiche su questi ultimi, sottolineano più in generale la cultura dell’amore fra due persone, senza fissare riti esclusivi e immortali.
Tutto questo per dire che il matrimonio non l’ha inventato il cristianesimo ma i pagani. Esisteva già al tempo delle prime comunità cristiane che lo hanno adottato modificandone le finalità ed il rito.
Il matrimonio romano puntava a perpetuare la famiglia, intesa non come unione tra marito e moglie con figli, bensì comprendeva anche gli schiavi. E se figli naturali non ne venivano, poco male: era facile adottarli, fosse stata anche la famiglia dell’imperatore.
Il cristianesimo aggiorna il rito, e questo è ovvio, visto che cambia la divinità cui tocca benedire l’unione. Il cattolicesimo, poi, come ha ricordato in questi giorni Rocco Bottiglione, stabilisce che la finalità unica del matrimonio è la procreazione. Se non la si prevede o se non vengono figli, il matrimonio non è necessario.
La cosa importante in questa sede è sottolineare che il matrimonio non è un portato di Gesù: gli ebrei si sposavano già. È una necessità sentita dall’uomo che l’ha regolato secondo le esigenze della comunità. In ogni caso storico, applicando regole più larghe di quelle cattoliche. Mi viene da dire che Gesù c’entri poco col matrimonio, visto che ha tolto i suoi discepoli alla famiglie che avevano costituito per farne i suoi apostoli. È la sua Chiesa che ha sentito l’esigenza di avere proprie regole in materia. Regole diverse da quelle fin lì applicate dalle comunità in cui cresceva il seme cristiano.
Ciò detto, dato che nessuno può vantare nemmeno l’esclusività storica in tema di matrimonio, ritengo che anche la Repubblica Italiana possa avere regole proprie in tema di matrimonio senza prenderle in prestito da una fede religiosa. D’altronde è già così. In Italia è previsto il divorzio che la Chiesa non ammette.
Ad uno stato laico serve regolare il matrimonio? Ritengo di sì. Quando una coppia decide di vivere insieme, possibilmente per sempre ed in maniera esclusiva, si istaurano dinamiche sociali con conseguenze effettive su tutta la loro comunità di appartenenza ed è giusto che si riconosca a questo nuovo nucleo sociale una propria soggettività diversa da quelle dei nuclei di provenienza. Nuclei che possiamo chiamare famiglia. Lo Stato ha il diritto di definire la composizione di questo nucleo, prevedendo i doveri che il nuovo soggetto ha verso la più ampia comunità statale e i diritti che può vantare rispetto alla stessa comunità. Con ciò prevedendo eventuali nuovi diritti e doveri nel caso in cui il nucleo si allarghi a seguito della nascita di nuovi componenti generati dal nucleo stesso. – Cerco di utilizzare nuove parole per non cadere io e voi in pensieri pregiudizievoli – Lo Stato deve indicare quali sono i diritti e i doveri di un nucleo che non procrei e quelli di un nucleo che procrei. Senza ovviamente indagare sul perché non avvenga la procreazione. Lo dico perché chi decide di avere figli rende comunque un servizio alla comunità statale cui assicura un futuro e perché chi genera mette al mondo creature indifese che, per almeno un ventennio, saranno un costo per i genitori e non contribuiranno certo al sostentamento del nucleo di appartenenza. Tocca allo Stato decidere se favorire la genitorialità oppure no. In entrambi i casi i nuclei con figli dovranno avere diritti e doveri diversi rispetto a quelli senza figli.
Se concordiamo sul fatto che questa è l’unica distinzione che lo Stato deve fare fra i vari nuclei, cioè, ripeto, quelli con figli e quelli senza figli, prendendo in considerazione questi ultimi, lo Stato non dovrà porsi la domanda del perché non generino prole. Non sono affari che lo riguardano. I nuclei senza figli sono fra di loro con eguali diritti. E potranno essere composti da singoli di sesso diverso o dello steso sesso.
Tali nuclei non è detto che si creino per amore. Se fissiamo con precisione e certezza i diritti e i doveri, tali nuclei potranno essere composti anche da persone che per convenienza scelgono la convivenza, oppure per semplice affetto.
Faccio un esempio. Famiglia numerosa, sei figli. Quattro si sposano, due no e rimangono a vivere con i genitori. Abbiamo così cinque diverse famiglie: quella originaria oramai ridotta ai genitori e a due dei sei figli; e le altre quattro famiglie cui hanno dato vita i figli che si sono sposati. Nella mia visione la prima costituisce un nucleo con la stessa soggettività di ognuno delle altre quattro. Attualmente, relativamente agli anziani genitori, i sei figli hanno tutti gli stessi diritti sia mentre sono in vita che dopo la loro morte. Arrivando al paradosso che se i genitori con i due figli hanno dato vita ad un loro patrimonio, questo, alla morte dei genitori va diviso coi quattro che si sono sposati e che non hanno contribuito a creare quel patrimonio.
Non solo. Morti i genitori, rimangono due figli, fra di loro fratelli o sorelle e quindi dello stesso sesso. Rispetto a ognuno di loro, i fratelli sposati hanno eguali diritti. Se i nubili o celibi costituiscono un proprio patrimonio, alla morte di uno dei due gli altri ne hanno diritto, pur non avendovi contribuito da vivi.
Il diritto di famiglia va rivisto. E deve prevedere un’idea repubblicana della famiglia realizzando più giustizia.
I due fratelli o le due sorelle del mio esempio, devono potersi registrare come famiglia, al pari di una coppia composta da marito e moglie. Guarda un po’, una coppia omosessuale. Vuoi vedere che se ci togliamo il prosciutto dagli occhi e guardiamo ai singoli casi ci rendiamo conto che chi è contrario ai pacs, che sono niente rispetto alla mia idea, lo fa solo per ignoranza e insipienza, perché si rifiuta di guardare alla realtà italiana di oggi?
E chi non vuol guardare oltre il proprio naso non merita di decidere del destino altrui.
Male hanno fatto quei partiti che hanno portato in parlamento dei veri ciechi, fornendoli di un potere che non meritano.

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